Berlusconi deluso dal Colle, ma cerca la tregua

Il premier ancora scosso dal no al decreto confida agli alleati: "È una decisione di cui non riesco a capacitarmi". Intanto Letta lancia segnali di disgelo verso il Quirinale invocando il "silenzio" su Eluana

Berlusconi deluso dal Colle, ma cerca la tregua

RomaIl giorno dopo la fine di Eluana Englaro anche la tensione tra Palazzo Chigi e il Quirinale inizia a stemperarsi. I primi segnali arrivano già in mattinata, quando Gianni Letta prende parte alla cerimonia in memoria delle foibe e ringrazia Giorgio Napolitano per «aver messo fine alla congiura del silenzio» sull’esodo degli italiani d’Istria. Ma non si ferma qui il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e torna anche sulla vicenda di Eluana, usando parole decisamente diverse da quelle che Silvio Berlusconi aveva deciso di affidare alle agenzie di stampa insieme a Paolo Bonaiuti lunedì sera («è stata resa impossibile l’azione del governo per salvare una vita»). Letta, infatti, preferisce usare toni molto simili a quelli di Napolitano, parla di «giornata triste e di dolore» e invoca «il silenzio». «Forse - dice - avrebbe reso più forte anche la celebrazione del ricordo». Parole convinte, che sono anche un primo segnale pubblico di disgelo tra Palazzo Chigi e il Colle dopo le tante telefonate intercorse tra Letta e il segretario generale del Quirinale Donato Marra.
Il giorno della tregua, dunque. Anche se ancora lunedì sera, durante la consueta cena di Arcore con Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Denis Verdini e Ignazio La Russa, il premier non ha mancato di sottolineare la distanza tra lui e Napolitano. «Una decisione, la sua, di cui ancora non riesco a capacitarmi», ripete più d’una volta. Tra Berlusconi e il Quirinale, insomma, le distanze restano. Anche se l’intenzione è di sotterrare l’ascia di guerra. D’altra parte, fa notare il vicepresidente dei deputati del Pdl Osvaldo Napoli, «purtroppo è cessata la ragione del contendere». Così, anche la riunione del gruppo parlamentare che va in scena nella sala Colletti di Montecitorio dopo pranzo registra toni decisamente diversi da quelli degli ultimi giorni. Parlano il capogruppo Fabrizio Cicchitto, il vice Italo Bocchino e il ministro Maurizio Sacconi. Tutti d’accordo sulla linea del governo a parte Benedetto Della Vedova che pure, alla fine del suo intervento, qualche applauso lo strappa. Nessuno, però, punta l’indice contro il Colle. Anzi, è Cicchitto a dire che «nonostante la diversità di idee» c’è verso Napolitano «profondo rispetto». Il segno inequivocabile che il vento è cambiato, visto che è proprio nelle riunioni di gruppo che in qualche modo si dà la linea ai parlamentari. Tanto che a sera, ospite a Ballarò, anche il ministro della Giustizia Angelino Alfano spiega come non ci sia stato «alcuno scontro» con il Colle.
In questo senso anche l’appello di La Russa durante la direzione di An. «È dovere di tutti - dice il ministro e reggente del partito - abbassare i toni». Così Altero Matteoli, convinto che «si deve avere il massimo rispetto quando il capo dello Stato prende una decisione richiamandosi alla Costituzione». E pure Maurizio Gasparri fa comunque un passo indietro rispetto alle parole che lunedì sera gli erano costate la scomunica di Gianfranco Fini («sei un irresponsabile»). «Alle mie idee non rinuncio - dice il presidente dei senatori del Pdl - ma se ho offeso qualcuno chiedo scusa. Il capo dello Stato lo rispetto».
Tra Palazzo Chigi e il Quirinale, dunque, si cerca di mettere a punto una tregua. Anche perché - fa notare un ministro di Forza Italia - a brevissimo dovranno tornare a interagire visto che il 18 febbraio scade il mandato del presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick e il suo successore sarà nominato da Napolitano con la controfirma del presidente del Consiglio. Un passaggio importante, visto che fra due mesi la Consulta sarà chiamata a pronunciarsi sul Lodo Alfano.
Resta comunque - confidava ieri durante una delle poche pausa di una giornata dedicata interamente alla crisi del Medio Oriente e ai faccia a faccia con Mubarak a Abu Mazen - il «rimpianto» per «non essere riuscito a salvare Eluana».

«Ho pensato a mia madre, al fatto che una persona in quelle condizioni potrebbe anche ascoltarti», avrebbe detto lunedì sera dopo la morte di Eluana. E non è un caso che Umberto Bossi dica che «Berlusconi si identificava in lei...». È per questo - spiega in Transatlantico - che è andato avanti sul decreto e «non certo per andare allo scontro con il Quirinale».

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