Adalberto Signore
nostro inviato a Napoli
Mentre i riflettori della politica sono tutti puntati su Palazzo Madama, dove di lì a poche ore il governo Prodi incasserà la sua prima fiducia, Silvio Berlusconi decide di buttarsi nella campagna elettorale per le amministrative ormai alle porte. E per la prima volta dopo anni torna nelle piazze alla vecchia maniera, accolto da più d'un bagno di folla (pure con qualche contestazione) e con comizio tradizionale sotto il gazebo con tanto di microfono in mano e altoparlante che funziona a intermittenza. All'immagine di Romano Prodi seduto nell'Aula del Senato in attesa di iniziare la sua avventura di governo, insomma, l'obiettivo del presidente di Forza Italia («il leader della Casa delle libertà», annuncia la voce dello speaker) è quello di contrapporre un'opposizione pronta a reagire e tutt'altro che rassegnata. Un centrodestra che è disposto a rimboccarsi le maniche, al punto che per la sua visita a Napoli il Cavaliere sceglie di far tappa in alcune delle periferie più disagiate (in mattinata San Pietro a Patierno, Secondigliano e Scampia, in serata Bagnoli e Pianura).
Roma, però, non è lontana. Ed è inevitabile che al centro del dibattito resti il voto di Palazzo Madama che dà il via libera al nuovo esecutivo (165 sì e 155 no). Voto che Berlusconi non accoglie di buon grado, soprattutto per il fatto che a favore di Prodi si schierano in blocco i sette senatori a vita. Così, il tempo di riorganizzare le idee, e il Cavaliere decide di manifestare tutta la sua disapprovazione: «I senatori a vita hanno fatto qualcosa che è profondamente immorale secondo la coscienza della nostra parte politica». Una critica rivolta pure al presidente della Repubblica uscente Carlo Azeglio Ciampi perché, aggiunge il leader di Forza Italia, «io mi sarei comportato in maniera diversa». Insomma, «i senatori a vita avrebero dovuto astenersi». Parole che scatenano la reazione del presidente del Senato Franco Marini che definisce l'uscita di Berlusconi «sbagliata e inspiegabile». L'ex premier, però, preferisce non alzare oltre i toni di una polemica che sta già condizionando la giornata politica e alle insistenze dei cronisti che gli chiedono conto della replica della seconda carica dello Stato si limita a dire che per lui «ha già parlato Schifani». Secondo Berlusconi, dunque, quella di Marini è una «comprensibile difesa d'ufficio dei senatori a vita». Che - spiega ai suoi - «se avessero opportunamente deciso di astenersi come richiedeva il loro incarico privo di investitura popolare» avrebbero decretato la fine del governo Prodi ancor prima della sua nascita. Poiché in Senato l'astensione equivale a un voto contrario, è il ragionamento dell'ex premier, il neonato esecutivo non sarebbe arrivato ad ottenere la fiducia. E nelle conversazioni private con i dirigenti azzurri, su Ciampi Berlusconi è ben più critico di quanto lo sia in pubblico. Perché, spiega amareggiato, «davvero non mi aspettavo andasse così rapidamente in soccorso della sinistra».
Le vicende romane, però, non impediscono a leader della Casa delle libertà di concentrarsi sulla visita napoletana. Iniziata di prima mattina, con l'arrivo al Jolly Hotel poco dopo le dieci in tenuta sportiva (maglioncino blu e Hogan nere). E andata avanti con un lungo giro nella periferia Nord della città. Tra abbracci, baci («la signora lo fa solo perché le ho aumentato la pensione!»), foto, qualche regalo (anche un paio di scarpe nere da parte dei calzaturieri) e molte battute («il Napoli è finito in C? Potevate chiamare Moggi»). A Secondigliano scalda gli animi dei sostenitori e assicura: «Non preoccupatevi, l'opposizione sarà la più dura possibile, non li faremo governare. Ai comunisti non cederemo».
Dopo Scampia, l'ex premier passa per Capodimonte e arriva in piazza Dante. Poi, una lunga passeggiata per via Port'Alba, fino all'omonima pizzeria, accompagnata da qualche contestazione. Che si fa via via più insistente quando il tam tam del vicino centro sociale e del comitato elettorale della Jervolino (il sindaco uscente in corsa contro il candidato della Cdl Franco Malvano) inizia a portare i primi risultati. Così, per via Toledo è un continua rimpallarsi tra chi urla «buffone, buffone» e chi grida «Silvio, Silvio». Finché Berlusconi non si gira verso il gruppetto di contestatori, mette le mani alla bocca e urla a squarciagola: «Siete l'Italia che odia e che invidia. Vergogna!». «Resisti Silvio, devi avere le palle...», gli urla un simpatizzante. Eloquente la replica dell'ex premier: «E io ce le ho le palle, resisteremo!».
L'irritazione verso i vertici regionali di Forza Italia per l'organizzazione della visita napoletana sfuma in serata.
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