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Berlusconi: meno tasse per aiutare il Paese. Noi eredi Dc

Il leader del Pdl: "Serve una larga maggioranza per guardare al futuro con fiducia. Già al primo Consiglio dei ministri aboliremo l'Ici". Candidature: la lista segreta del Cavaliere

Berlusconi: meno  
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il Paese. Noi eredi Dc

Roma - Guarda al centro, Silvio Berlusconi. Consapevole del fatto che la seppur fragile intesa tra Pd e Radicali sta spostando una fetta dei moderati border line del centrosinistra verso l’Unione di centro di Pier Ferdinando Casini. Con il cardinale Camillo Ruini che da giorni sta mobilitando le parrocchie di Roma che gli sono più fedeli - San Belleramino, Santa Emerenziana e San Saturnino sono solo le più importanti - affinché sostengano la corsa dell’ex presidente della Camera. Insomma, nella strategia del Popolo della libertà è necessaria una decisa sterzata al centro, per evitare che l’elettorato possa avere la percezione («assolutamente errata», ripete l’ex premier ai suoi) che il Pdl non rappresenti i valori cattolici. E per rispondere - sia pure senza citarlo e dandogli quindi la minor visibilità possibile - alla campagna elettorale di Casini impostata quasi esclusivamente sull’antiberlusconismo («non ho mai inteso lavorare nell’azienda di Berlusconi», ripeteva ieri).

Così, ci sta che il Cavaliere accetti l’invito a pranzo di Gianfranco Rotondi (cosa decisamente inconsueta) e che a sera, intervistato durante il Tg5, ribadisca più d’una volta d’essere «consapevole della difficoltà della situazione che ci viene lasciata in eredità». Insomma, il Berlusconi che si presenta davanti ai milioni di spettatori dell’ammiraglia Mediaset più che puntare a galvanizzare il suo elettorato (la strategia adottata nel tentativo di rimonta del 2006) guarda con prudenza al popolo moderato. Perché pur essendo il Pdl il referente principe del Partito popolare europeo è sui movimenti al centro - per quanto piccoli - che si gioca la forbice di senatori di vantaggio che avrà il Pdl a Palazzo Madama. Non a caso, pur dicendo di «non promettere miracoli» il Cavaliere insiste nel ribadire che perché si possa «guardare al futuro con fiducia» serve che gli italiani diano una «larga maggioranza a chi governa». Insomma, un altro appello al voto utile. Che è oggetto di conversazione anche nel pranzo con Gianfranco Fini e Rotondi. Con il leader di An che ricorda quanto negli anni ’80 ne sia stato danneggiato l’Msi. «Quando Forlani chiamava tutti a raccolta contro il pericolo comunista - spiega il segretario della Dc per le Autonomie - è vero che “ammazzava” i piccoli ma faceva pure il bene del Paese».

Nel pranzo, dunque, si parla sì di candidature - saranno confermati i sei parlamentari uscenti di Rotondi - ma pure dell’adesione della DcA al Pdl. L’atto costitutivo del Popolo della libertà, infatti, è stato sottoscritto davanti al notaio dai rappresentanti legali di Forza Italia e An, ma Berlusconi e Fini si sono impegnati con Rotondi a far entrare subito anche la Dc per le Autonomie con «un atto aggiuntivo da sottoscriversi prima delle elezioni». Perché, conviene il Cavaliere con Rotondi, «il partito dei cattolici siamo noi». Insomma, sarà il Pdl a «raccogliere l’eredità della Dc» e diventerà «una grande forza politica» che «svolgerà un ruolo fondamentale nel Paese per i prossimi decenni».

E che i valori cattolici siano considerati un punto di riferimento non lo dimostra solo il programma del Pdl (dove si parla di «principio della famiglia naturale», «quoziente familiare», «rilancio dei consultori come alternativa all’aborto», «esclusione di ogni pratica assimilabile all’eutanasia»), ma pure il convegno in programma oggi pomeriggio a Roma su «Vita, famiglia, educazione». Un conferenza in grande stile organizzata da Alfredo Mantovano e che sarà chiusa da Sandro Bondi e da Fini.

Davanti alle telecamere del Tg5, poi, il Cavaliere torna sui disegni di legge da approvare nel primo Consiglio dei ministri: «Abolizione dell’Ici e detassazione degli straordinari». Però, spiega, «non siamo in grado di fare miracoli» perché «l’eredità che ci lascia la sinistra la conosciamo tutti»: dall’immagine dell’Italia «rovinata in tutto il mondo dai rifiuti di Napoli» alla «pressione fiscale alle stelle» fino ai «prezzi elevati» e ai «salari bassi». Come se ne esce? Con «la ricetta tradizionale dei liberali»: in primo luogo «meno tasse sulle famiglie, sul lavoro e sulle imprese», così da «stimolare i consumi e creare più posti di lavoro».

Il fatto che l’ex premier sia prudente sulla situazione economica, però, non significa che non sia ottimista sul risultato elettorale.

«I ben informati allibratori inglesi - dice - ci danno vincenti soltanto con un piccolissimo dubbio. Tanto è vero che chi punta un euro su di noi avrà soltanto 31 centesimi in più, mentre chi punta un euro su Veltroni avrebbe addirittura il 310% in più».

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