Roma - Il 29 febbraio Silvio Berlusconi presenta il programma del Popolo della libertà. Il 29 febbraio di quarant’anni fa esatti esplodeva il Sessantotto con gli scontri di Valle Giulia. E lui li ricorda con le parole di Pier Paolo Pasolini. L’uomo è fatto così: quando meno te l’aspetti, tira fuori il coniglio dal cilindro. Fra numeri, dati, confronti, idee e progetti per il nuovo governo trova il modo, per commentare il problema della sicurezza, di recuperare da qualche anfratto cerebrale la poesia di Pasolini.
Il Cavaliere sta parlando del taglio di risorse alle forze dell’ordine, effettuato dal governo Prodi. La definisce «una molla ideologica. Perché la sinistra - sottolinea - considera poliziotti e carabinieri come traditori del proletariato, che per soldi si sono venduti allo Stato borghese». Parole simili le aveva scritte Pasolini per criticare i sessantottini di Valle Giulia in una poesia («studenti, figli di papà, io sto con i poliziotti») pubblicata nell’aprile di quarant’anni fa su Nuovi Argomenti. Come a dire: sono passati quarant’anni, ma nei confronti delle forze dell’ordine l’atteggiamento di una certa sinistra non cambia.
Ad accogliere cinguettanti Berlusconi all’Auditorium di Via della Conciliazione una dozzina di giovani, uomini e donne, con tanto di felpa «Silvio presidente». «C’è la possibilità che almeno un paio di quei ragazzi sarà candidato», bisbiglia una voce due poltrone più in là. Clima ben diverso rispetto alla Sala delle Colonne che qualche giorno fa ha ospitato la presentazione del programma del Partito democratico.
Qui tutti si baciano (la più gettonata è Alessandra Mussolini, anche lei con la felpa dei giovani: l’unico baciamano lo riceve da Cutrufo), sorridono, scherzano. Laura Ravetto raccoglie i capelli con treccine alla squaw. Un’altra bionda, decisamente procace, fa di tutto per non passare inosservata. La sala è piena di luce: arriva dai finestroni su Via della Conciliazione. In quella delle Colonne, invece, predominava il buio: senz’altro per permettere la proiezione delle slides del programma, ma anche fotografia dello stato d’animo interno al Pd. Seduti al tavolo di Palazzo Marini Veltroni e Morando. Qui, solo un leggio con due microfoni. Lì i telefonini erano schermati. Qui, gli uomini delle agenzie di stampa rilanciano in tempo reale le parole del Cavaliere.
Arriva in ritardo Berlusconi. «Scusate, ma ho dovuto soccorrere due giornalisti, uno di Repubblica e uno di Libero che si sono sentiti poco bene sotto casa mia». Un riferimento neppure tanto velato alle condizioni fisiche dell’ex premier, riportate dalle due testate. «È iniziata la disinformazione», osserva.
E parte in quarta a illustrare le sette missioni del programma del Pdl. Il cavallo di battaglia è sempre lo stesso: la «vecchia ricetta liberale» per la crescita. Vale a dire meno tasse su famiglie e imprese. Via l’Ici sulla prima casa, pressione fiscale sotto il 40% (l’Istat ha certificato che nel 2007 è stata la più alta da dieci anni), rilancio della ricerca sul nucleare, lotta contro i rifiuti, Ponte sullo Stretto, interventi a favore dei giovani. Compresi investimenti in edilizia popolare, così da dare la casa alle giovani coppie. «Magari piccoli nidi - commenta -. Parlo per esperienza personale. Anch’io ho abitato, fino alla nascita del mio secondo figlio, in 58 metri quadrati». In prima fila, lo stato maggiore del Pdl e dei partiti alleati: Fini, Tremonti (che ringrazia due volte per aver coordinato il programma), Ronchi; ma anche Lombardo, Calderoli e Maroni (e quando lo presenta, commenta: «ora gli sono anche simpatico»). «Eppoi, abbiamo anche il candidato a sindaco di Roma», ma non cita Alemanno.
I programmi fra i due schieramenti potranno anche somigliarsi nella riduzione delle tasse e nel rilancio delle infrastrutture. Ma la vera differenza - secondo Berlusconi - è «la moralità in politica. Il rispetto del programma, per noi, è un impegno morale che assumiamo con gli elettori: altro che le 300 pagine del programma Prodi, mai realizzato. Il programma del 2001 lo abbiamo rispettato all’85%. È questa la vera diversità fra noi e la sinistra».
La situazione economica, comunque, è difficile. «Non ci sono tesoretti da spendere. E la lotta all’evasione ha dato solo 2 miliardi di euro. Per queste ragioni, appena torneremo al governo faremo fare una due diligence sui conti pubblici». Berlusconi dà l’idea di sapere che i margini di azione per interventi immediati sono limitati. Per questo sottolinea che «noi non promettiamo e non facciamo miracoli. Una cosa è certa: mai metteremo le mani nelle tasche degli italiani e mai presenterò un disegno di legge che riduce la libertà anche a un singolo cittadino». In compenso, assicura che al primo Consiglio dei ministri porterà un provvedimento per detassare gli straordinari e le altre parti mobili della busta paga. Così da stimolare un aumento della produttività. «I nostri imprenditori si devono sentire coccolati dal governo. Non come hanno fatto Prodi e Visco».
Infine, rilancia lo slogan «Rialzati Italia, messa in ginocchio dal governo Prodi». E come se riflettesse a voce alta, osserva: «Certo, ci vuole coraggio a tornare a guidare il governo per come ha ridotto il Paese la sinistra. Ma mia madre mi diceva che se uno si sente di dover fare una cosa, anche a costo di grandi sacrifici, deve farla. Per questo io voglio tornare al governo, anche se ci vuole coraggio per farlo dopo Prodi».
E le liste? «Ci penseremo da lunedì.
Comunque, non ci saranno veline, e il 30% sarà riservato a giovani e donne. In più servono rappresentanti dei commercianti, degli artigiani, del settore dei trasporti: canali che veicolano le esigenze del settore». Alla fine, salta la photo opportunities con gli alleati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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