Milano - «Vado fino in fondo, altrimenti sarei un disertore». La promessa arriva alla fine del discorso ai commercianti lombardi. «Il 51 per cento degli italiani mi stima - dice Silvio Berlusconi - l’altro 49 mi detesta. Io ne ho piene le scatole, sogno a occhi aperti di tornare a fare il cittadino normale. Ma non posso finire la mia avventura umana, imprenditoriale e politica con un giudizio negativo del 100 per cento degli italiani». Il premier non si farà da parte, resisterà agli attacchi e «a tutte le difficoltà, mettendoci tutta la buona volontà possibile e aiutato da validissimi compagni di viaggio», cioè i ministri. «In questo momento una campagna elettorale sarebbe dannosa, e questo governo arriverà alla scadenza naturale della legislatura nel 2013».
È il giorno in cui a Milano riprende il processo Mediaset. «Udienza numero 2.563 contro me e il mio gruppo», precisa Berlusconi. A palazzo di giustizia si presentano i suoi legali, lui preferisce passare la giornata nel capoluogo lombardo incontrando i militanti Pdl (per lanciare gli sportelli «al servizio degli italiani») e gli imprenditori di Confcommercio, assieme a mezzo governo; la serata è riservata al Milan a San Siro. La missione è rilanciare l’azione del governo e serrare le file del partito: in primavera si vota per le amministrative.
«Il Pdl resta il primo partito italiano - annuncia Berlusconi - lo è da quando è nato. I sondaggi ci danno al 30,6 per cento, a differenza di quanto scrivono i giornali di riferimento della sinistra. L’odio con cui veniamo trattati da quasi tutti i media non scalfisce la fiducia della gente. Il terzo polo, se si allea con la sinistra, prende meno del 10 per cento e Fli vale poco, l’1,3, ma ha allargato il numero degli indecisi perché la diaspora suscitata da Fini, Bocchino e Briguglio ha fatto dimenticare il grande lavoro del governo».
Le difficoltà sono note: l’altissimo debito pubblico «moltiplicato dai governi del compromesso storico», l’alto costo dell’energia dovuto «al finto ecologismo della sinistra», i ritardi nelle infrastrutture, l’oppressione burocratica della pubblica amministrazione, i tempi impossibili della giustizia. «Faremo le riforme - garantisce il premier -, la maggioranza ha meno numeri ma più coesione perché abbiamo perso il sentimento statalista ed è venuto meno il patto con la magistratura» addebitati a Fini.
Il tasto più battuto è proprio quello della giustizia. «Sono disperato. Se presentiamo una riforma sacrosanta per ridurre i tempi troppo lunghi, imposta dall’Europa, non si può fare dato che io sembro essere il protagonista della storia dell’universo e magari avrei qualche beneficio. Lo stesso vale per la legge sulle intercettazioni, ferma da 18 mesi mentre tutti gli italiani ritengono indegno per un Paese civile non poter più parlare liberamente al telefono. Dovete sapere che il presidente del Consiglio non ha più alcun tipo di telefonino perché è esposto a qualsiasi tipo di intercettazione. Che in tutti i Paesi civili non sono neppure ammesse come elementi di prova perché facilmente manipolabili».
E i processi che ripartono? «Io vorrei andare, come sempre, ma i miei avvocati me lo impediscono - dice il leader del centrodestra - Sono soltanto processi mediatici, non giudiziari». E il 6 aprile? «Cosa c’è il 6 aprile? - ribatte ironico - Io sono l’uomo più processato d’Italia: ho speso 600 miliardi di vecchie lire in avvocati. Quando dicono di farmi processare, io penso “perdonali perché non sanno quello che dicono e quello che fanno”».
Assieme a quella della giustizia, Berlusconi rilancia la riforma della Costituzione. E non solo riguardo all’articolo 41, «una rivoluzione fondamentale che darà maggiore libertà a chi ha ancora il coraggio di intraprendere». «I nostri padri fondatori, dopo vent’anni di fascismo, per evitare che si instaurasse un altro regime, hanno distribuito i poteri tra Parlamento, capo dello stato e Corte costituzionale, imbrigliando il governo. Il presidente del Consiglio ha l’unico potere di suggerire cose. I nostri provvedimenti devono passare due rami del Parlamento, dove quelli che lavorano sono 50-60 mentre gli altri fanno solo pettegolezzo, e dovremmo dimezzare il loro numero. Poi se una legge non piace al capo dello Stato i suoi uffici sono così attenti e puntigliosi che ce la rimandano indietro. E se non piace ai giudici di sinistra, questi si rivolgono alla Corte costituzionale che la abroga».
È questa, fa capire Berlusconi, la vera opposizione. Quella parlamentare «non è socialdemocratica ma abbiamo ancora i vecchi comunisti che non sono cambiati in nulla. Bersani sta lì ad aspettare e se noi diciamo bianco, lui dice nero.
Il suo programma è questo: rimettere l’Ici sulla prima casa, raddoppiare le imposte sulle rendite finanziarie, mettere la patrimoniale sulle case, spalancare le frontiere per modificare a suo favore il corpo elettorale, intercettazioni a gogò. Così i loro amici pm si divertono».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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