L a digestione non deve essere stata delle migliori visto che neanche il lungo pranzo a Palazzo Grazioli tra Berlusconi e Alfano, presente come al solito Gianni Letta, riesce a sciogliere il nodo su cui da settimane si avvita un Pdl sempre più sullorlo di una crisi di nervi. Perché nonostante il segretario provi a spiegare che quasi tutto il partito - ex An e buona parte degli ex Forza Italia - chiede un gesto di discontinuità forte rispetto al governo Monti, magari iniziando a dire qualche «no» sul ddl lavoro o sul Fiscal compact, il Cavaliere non sembra essere affatto convinto. Anche se Alfano ripete più di una volta che «andando avanti così» il Pdl finirà per liquefarsi nellabbraccio mortale a Monti. Daltra parte, negli ultimi giorni le pressioni in questo senso sullex Guardasigilli non sono arrivate solo dai soliti falchi o dagli ex An, ma pure da molte delle cosiddette colombe, da chi ha sempre professato prudenza - come la Gelmini o Fitto - ma si è oggi convinto che limmobilismo dellesecutivo non stia facendo bene né al Paese né al partito. Insomma, la tesi dello «sganciamento» dallesecutivo sta prendendo decisamente piede e non necessariamente con lobiettivo del voto anticipato, visto che la convinzione è che anche se arrivassero dei «no» in aula il governo riuscirebbe comunque a trovare i numeri sufficienti perché sono tanti quelli che sanno che in Parlamento non ci torneranno comunque (e dunque meglio resistere fino al 2013).
Ma nel Pdl si ragiona anche al rilancio del partito, argomento che - come è noto - non appassiona troppo un Berlusconi. E questo a via dellUmiltà ce lhanno ben chiaro tutti, tanto che si vanno moltiplicando le uscite pubbliche di chiede al Cavaliere una svolta. Anche Renato Schifani, in una lettera a Il Foglio, invita lex premier ad una «operazione verità» auspicando che Alfano sia in grado di «guadagnarsi lautonomia necessaria» per avere «le carte in regola per rilanciare il Pdl». Il presidente del Senato punta poi il dito contro «i giornali che si professano berlusconiani», rei di inseguire «il grillismo di destra», e contro quella «parte del Pdl più chiassosa», «colorita e populista» che scende in campo «contro lImu». Schifani, insomma, mette nero su bianco la richiesta che il segretario possa muoversi in «autonomia» dal Cav e linsofferenza montante nel partito ormai da mesi non solo verso la linea editoriale de Il Giornale ma pure verso la Santanchè. Un malumore che forse non fa i conti con il fatto che in Berlusconi cè anche quella tentazione, come dimostra luscita sulleuro di qualche giorno fa rettificata solo dopo le insistenze di Alfano.
Il punto, insomma, è che nel Pdl nessuno ha ben chiaro cosa voglia fare il Cavaliere. Che sembra continui ad essere tentato dalla «spacchettamento», dal dar vita ad una confederazione di liste dove ci sarebbe spazio per le diverse anime ma che inevitabilmente significherebbe un ridimensionamento del Pdl. Ipotesi che però Alfano dice di «escludere». «Lo spezzatino del Pdl - spiega - darebbe una somma algebrica più bassa di quanto vale il Pdl oggi. Questa è la mia opinione e quella di Berlusconi». E anche per rafforzare questa strada in via dellUmiltà si sta discutendo di convocare una direzione nazionale (con tre giorni di «sfogatoio») per stilare un «programma per 100 giorni» da consegnare a Monti. Loccasione per azzerare tutti gli incarichi (anche Berlusconi dovrebbe dimettersi da presidente, sostiene qualcuno) e dar vita ad una segreteria ristretta fatta di quarantenni e qualche new entry dal territorio.
Lincognita è capire quanto la cosa accenda lentusiasmo del Cavaliere. Che ieri, incontrando una berlusconiana doc come la Biancofiore, pare pensasse solo al semipresidenzialismo e alla federazione dei moderati a cui dar vita.