Bertone, è scontro sul voto La Fiom è sempre più isolata

La Fiom è sempre più isolata: dopo l’autogol dei ricorsi, che rischia di far perdere ai suoi iscritti gli aumenti salariali previsti dal contratto separato del 2009, sottoscritto soltanto da Fim e Uilm, la spaccatura con le altre sigle si allarga sempre di più. Alla ex Bertone, dove i 1.100 lavoratori dovranno dire, con il referendum del 2 e del 3 maggio, se accettano il contratto di Pomigliano, la tensione si tocca con mano: se vinceranno i «sì» la Fiat investirà 550 milioni per produrre un nuovo modello Maserati, altrimenti la fabbrica - ferma da sei anni - chiuderà definitivamente. E intanto si infiamma lo scontro sul nodo degli aumenti salariali, dopo che il Tribunale di Modena ha accolto il ricorso presentato dalla Fiom contro l’applicazione del contratto 2009. Federmeccanica starebbe infatti valutando la possibilità di chiedere alle aziende contro le quali sono stati presentati i ricorsi - otto in tutto, tra cui Ferrari e Maserati - di sospendere il pagamento di 68 euro di aumento mensile agli iscritti Fiom. «Se vogliono seguire quella strada devono subirne le conseguenze», afferma il presidente degli industriali metalmeccanici torinesi, Vincenzo Ilotte. Immediata la replica del leader della Fiom, Maurizio Landini. «Se Federmeccanica bloccasse gli aumenti contrattuali - osserva - violerebbe l’articolo 36 della Costituzione».
E proprio la ex Bertone, oggi Officine Automobilistiche Grugliasco, è un feudo dei metalmeccanici Cgil, che contano 700 iscritti e 10 delegati su 16. Per questo la partita è particolarmente complessa, tanto più che a Pomigliano e Mirafiori la Fiom non ha riconosciuto la validità del referendum, questa volta invece sono le sue Rsu a indirlo. Domani ci sarà un’assemblea delle tute blu della Cgil: «Il nostro obiettivo è far lavorare la gente», afferma il delegato Fiom, Giacomo Zulianello. Non sono d’accordo gli altri sindacati. «La Fiom si è infilata in un buco nero», osserva il segretario generale della Fim, Giuseppe Farina, mentre per il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, «c’è ormai una frattura fra le strutture territoriali e quelle nazionali della Fiom».

E lo tsunami che ha devastato il nordest del Giappone l’11 marzo scorso porterà a ridisegnare le gerarchie tra i colossi mondiali dell’auto: Toyota ha tagliato la sua produzione del 62,7% a marzo ed è destinata a perdere il posto di primo produttore mondiale conquistato nel 2008 a vantaggio di Gm. Non solo: anche Nissan a marzo ha perso il 52,4%, mentre Honda il 62,9%. Standard & Poor’s ha rivisto l’outlook su sei produttori e fornitori giapponesi da «stabile» a «negativo».

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