Bettino Craxi è morto sei anni fa

Dai nemici si guardò lui, dagli amici ora dobbiamo guardarlo noi. Noi che siamo passionali e però non facciamo politica, noi che possiamo essere sguatteri della Storia e tuttavia servirla nella maniera più semplice: meramente documentando, rileggendo, limitandoci a ricordare ciò che disse, ciò che fece, dove riuscì e dove fallì. Non c’è altro da fare, a ben pensarci. C’è da rileggere l’incredibile discorso pronunciato in Parlamento il 3 luglio 1992, sei mesi prima che fosse indagato o che potesse pensare di poterlo essere. C’è da diffidare dei rievocatori professionali, degli organizzatori di pacchetti Italia-Hammamet con garofano compreso nel prezzo, dei Bruto che oggi commemorano i Giulio Cesare, dei riformisti che con vent’anni di ritardo mormorano quel nome che aveva ragione, certo, anche se, ma però. C’è da rammentare che gli spartitori dell’eredità craxiana, destri o sinistri che siano, non si occupano di verità: si occupano di politica, fanno il mestiere loro. Craxi è morto e non esistono craxiani senza Craxi: così come non possono esserci berlusconiani senza Berlusconi. Craxi aveva ragione, ma aver avuto ragione non ha mai portato voti a nessuno.

I suoi governi vinsero l’inflazione, portarono l’economia al più elevato sviluppo d’Europa, coincisero con la vittoria sul terrorismo, misero le basi per i nuovi trattati europei. Bettino Craxi aveva ragione ed è morto sei anni fa, nell’ignavia di un intero arco costituzionale. Non c’è altro, per ora.

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