Una black comedy. "Il vedovo" Ghini trova il modello in Alberto Sordi

Spettacolo dal capolavoro di Dino Risi con Galatea Ranzi come protagonista

Una black comedy. "Il vedovo" Ghini trova il modello in Alberto Sordi
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"Una pura black comedy". Così Massimo Ghini definisce "Il Vedovo", adattamento dell'omonima commedia cinematografica di culto diretta da Dino Risi nel 1959, in scena al Teatro Manzoni da questa sera al 23 novembre. E davvero ci sarebbero meccanismi "neri" dal sapore britannico (morti apparenti, uxoricidi pianificati) nella storia diretta e interpretata dallo stesso Ghini, se non fosse che la celebre pellicola con Alberto Sordi e Franca Valeri protagonisti irresistibili è, prosegue l'attore e regista romano, "un esempio nobilissimo di quella commedia all'italiana che, di lì a poco, avrebbe generato anche La Grande Guerra e Il sorpasso, storie ricche di comicità e ironia, con un finale tragico che ti lasciava senza parole". Italianità al cento per cento, dunque "perché in quegli anni del boom economico, il nostro Paese aveva idee, sceneggiatori di valore, c'era coraggio produttivo e fiorivano storie come questa, di rottura e di satira sociale senza compromessi. Oggi? Se si deve parlare di boom è il suono della disintegrazione sociale e del disinteresse. Tanto che per portare pubblico e soprattutto giovani a teatro servono classici prelevati dal cinema come questo e magari un volto come il mio, di un attore che ha fatto centocinquanta film ma dai più giovani è ricordato per i sei cine-panettoni fatti".

Per Ghini la sfida è stata naturalmente quella di vestire il ruolo che fu di Sordi, e cioè quello del commendatore e ingegnere romano Alberto Nardi, cialtrone e poco portato per gli affari mantenuto dalla molto più intelligente e scaltra moglie Elvira Almiraghi (qui interpretata da Galatea Ranzi), industriale di successo milanese che lo sopporta e lo apostrofa implacabilmente con il titolo di "cretinetti". Quando pensa di essere (fortunatamente) rimasto vedovo, Nardi ha un'amara scoperta: la signora sta benissimo e, dunque, il "vedovo illuso" deciderà di farla fuori con l'aiuto di alcuni compagni di crimine cinici e non troppo capaci come lui (nel cast Pier Luigi Misasi, Tony Rucco, Luca Scapparone, i due figli d'arte Leonardo Ghini e Diego Sebastian Misasi, infine la giovane debuttante Giulia Piermarini nel ruolo dell'ingenua amante "platonica" del Nardi, Gioia).

Massimo Ghini è attore brillante (con solida gavetta drammatica che tiene a ricordare dicendo che "al Manzoni venni per la prima volta nel 1982, ero un ragazzino nella Maria Stuarda di Zeffirelli, prodotta dallo stesso Manzoni, in cui brillavano due stelle come Rossella Falk e Valentina Cortese"), uomo di set e di palcoscenico che sa come, anche in una commedia, l'anima sia tutto: "L'Italia di questa storia era un Paese da poco uscito dalla guerra, agricolo, dove però i più intraprendenti potevano costruire qualcosa. Nascevano i nuovi ricchi, la classe media si prendeva spazi e benessere. Quale l'analogia con la più statica società attuale? Il cinismo. I motivi del cinismo non invecchiano mai".

La fedeltà al testo è stata rigorosa ma - ci tiene a precisare Massimo Ghini "non oso scimmiottare o imitare Alberto Sordi. Ci sono colleghi come Max Tortora che sono bravissimi a imitarlo. Io mi limito a evocare l'Albertone nazionale in due sole battute celebri".

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