Palermo - Decapitata la cosca mafiosa del mandamento di San Lorenzo che fa capo al boss Salvatore Lo Piccolo, ritenuto l'erede di Bernardo Provenzano, nell'operazione condotta dalla Polizia denominata 'Occidentè. A finire in manette la notte scorsa, sono state 48 persone accusate di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, riciclaggio e intestazione fittizia di beni. L'indagine, condotta dalla Squadra mobile di Palermo, è durata circa tre anni e si è svolta senza il contributo di pentiti ma su intercettazioni ambientali e telefoniche. Oltre a Palermo, gli arresti sono avvenuti nelle borgate marinare di Partanna-Mondello, Sferracavallo, Cardillo-Tommaso Natale ma anche a Isola delle Femmine, Villagrazia di Carini, Capaci e Torretta. In pratica in tutti i quartieri che dovrebbero essere sotto il mandamento di 'San Lorenzò.
Gli inquirenti, come nell'operazione antimafia di due giorni fa condotta nel quartiere Noce, hanno scoperto un vasto racket di estorsioni ai danni dei commercianti, ma anche in questa parte della città di Palermo nessuno ha trovato il coraggio di sporgere denuncia. Nell'operazione 'Occidentè, infine, sono stati identificati uomini d'onore 'riservatì, cioè noti solo ai boss, e diversi presunti fiancheggiatori che in molti casi sono persone incensurate e insospettabili. Accertate anche una serie di attività economiche, soprattutto edilizie e commerciali, che venivano controllate dai mafiosi attraverso prestanome e che sono state sequestrate. I beni posti sotto sequestro ammontano ad un valore di circa 16 milioni di euro.
Pranzo della pace fra boss Per suggellare la pace tra le fazioni di Cosa nostra entrate in contrasto per la gestione delle attività criminali il boss latitante Salvatore Lo Piccolo, intervenuto personalmente a sanare i contrasti, organizzò un affollatissimo pranzo in un ristorante di Torretta, nel Palermitano. Il particolare è emerso dall'inchiesta antimafia. Il titolare lo aprì per l'occasione nonostante il giorno di chiusura. Attorno al tavolo si riunirono uomini d'onore delle famiglie di Carini, Torretta, Passo di Rigano e Montelepre. Il summit gastronomico dei boss venne fotografato dagli investigatori appostati lì vicino. Le frizioni nate in particolare tra le due fazioni della famiglia di Carini sono state captate dalle intercettazioni degli investigatori che hanno temuto anche potesse scoppiare una guerra di mafia.
I consigli per uccidere Non essere «focosi», rivolgersi «ai cristiani» che possono risolvere i contrasti con gli avversari sparando in faccia al nemico. Sono i consigli che il capomafia Angelo Conigliaro, fedelissimo del latitante Salvatore Lo Piccolo, dava al nipote, che porta il suo stesso nome, per sanare le questioni sorte con eventuali avversari. Il particolare emerge dall'operazione. E per illustrare queste «regole», il boss faceva anche esempi pratici: come quello dell'omicidio con cui aveva risolto un «problema che lo assillava da 4 anni». Non sapendo di essere intercettato dalla polizia, Conigliaro descrive al nipote lo strangolamento di un «nemico» nei suoi particolari più truculenti, compresi i pianti e le urla di disperazione della vittima a cui il capomafia ribatteva con un impietoso «che ci piangi ora, ormai non c'è più rimedio».
Il racconto, secondo i magistrati, «è senza dubbio indicativo dello spessore criminale e della ferocia dell'anziano uomo d'onore che ha però solo piccoli precedenti a suo carico per furti commessi negli anni cinquanta e per una denuncia per gioco d'azzardo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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