Una banda terribile, tenuta in piedi grazie al sodalizio tra criminali italiani di vecchio corso e nuove leve sudamericane, quasi tutti irregolari provenienti dal Cile. Le menti erano siciliane, il braccio armato latinoamericano. Condividevano armi, auto rubate, piani per delinquere. Persino gli storditori per immobilizzare le loro vittime. Avevano realizzato almeno sette colpi in circa cinque mesi. Poi l’operazione dei carabinieri della seconda sezione del Nucleo investigativo, che di fatto ha sgominato la gang, mettendo a segno dieci arresti in tre mesi.
Tutto inizia lo scorso 31 marzo. Rapina al distributore di benzina Ragosa, più di tremila euro di bottino. La prima azione della banda, cui segue un altro colpo, sempre ai danni di un benzinaio, da diecimila euro il 5 maggio. Il 29 maggio il commando spara per la prima volta. È durante la rapina al titolare di un phone center di via Imbonati, il Viejo Zenateria. L’uomo viene colpito da un proiettile alla gamba e molla ai suoi aguzzini 500 euro, l’incasso di giornata. Due giorni dopo, la gang porta via 7mila euro dalla Rampon, una ditta di cosmetici.
Il 12 giugno, però, qualcosa va storto. Dopo aver ripulito la gioielleria Alberizzi di viale Corsica, malmenando il proprietario, quattro membri della banda vengono intercettati dalle forze dell’ordine e arrestati. Sono tutti sudamericani. Il capo del commando, nonché, si scoprirà poi, il principale referente latinoamericano degli italiani al vertice del sodalizio, è Roberto Suarez, argentino di 39 anni. Con lui anche una donna uruguaiana di appena 20 anni, l’unica femmina della banda. I carabinieri sequestrano refurtiva, auto e pistole. Capiscono di trovarsi di fronte a delinquenti appartenenti a un’organizzazione ben più ampia. Partono le indagini.
Nel frattempo il sodalizio criminale non si ferma. Anzi, il 20 giugno fa il botto: rapina da 38mila euro alla Banca agricola mantovana di Segrate. Gli uomini del Nucleo investigativo, però, stanno chiudendo il cerchio intorno all’organizzazione. Aspettano solo l’occasione giusta per agire. Finché, la sera del 4 settembre, arriva il blitz.
Cinque componenti della banda hanno appena compiuto una rapina nella villa di un imprenditore a Verano Brianza. Un’azione particolarmente violenta. I malviventi si sono finti poliziotti per farsi aprire il cancello. Una volta entrati, hanno indossato il passamontagna e scatenato l’inferno. In casa c’erano la moglie del proprietario, un amico di famiglia e due bambini. I sudamericani hanno picchiato l’uomo, condotto la famigliola in una stanza e ammanettato tutti. Quando il marito, con un amico, ha fatto ritorno alla villa, non si sono fatti prendere dal panico: botte e manette anche per lui e l’accompagnatore. Poi via con 4mila euro in contanti, un pc portatile e i gioielli di famiglia. Destinazione Sesto San Giovanni, dove in via Fratelli di Dio c’è il covo dei latinos.
I carabinieri, però, riconoscono in un parcheggio la Fiat Stilo station wagon usata per la rapina. Sono le 22. Dall’appartamento escono tre criminali, bloccati e arrestati dai militari. Gli altri componenti si accorgono della cosa e non esitano a fare fuoco ad altezza uomo dalle finestre. Ne nasce una sparatoria, conclusasi per fortuna senza feriti. Poi i banditi scappano da una porta sul retro: in casa e in auto i carabinieri trovano 185 proiettili, manette e parte della refurtiva.
I militari si convincono sia arrivato il momento di decapitare il sodalizio.
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