Ormai è risaputo: le donne cinesi evitano le Asl come la peste e in particolare quando si tratta di abortire. Di conseguenza a Chinatown, il quartiere cinese di Milano, proliferano gli erboristi-apprendisti stregoni, sedicenti titolari di improbabili ambulatori organizzati alla bene e meglio con i ferri di un mestiere che, proprio perché non è il loro, rischia ogni giorno di scivolare nella tragedia. L’ultimo di questi ambulatori clandestini è stato scoperto in uno stabile di ringhiera di via Paolo Sarpi dalla trasmissione televisiva di Italia Uno Le Iene, che ha mandato in onda il servizio mercoledì 20 gennaio. Lo scoop ha spinto gli investigatori del commissariato Sempione a premere l’acceleratore in un’indagine sulla quale stavano ultimando gli accertamenti. Risultato: cinque cinesi, tutti in regola con il permesso di soggiorno e provenienti da Prato (le due cosiddette levatrici, entrambe 40enni e tre uomini loro complici) denunciati a piede libero per associazione a delinquere finalizzata all’aborto clandestino e violazione delle norme prescritte dalla legge 194, che regola l'interruzione di gravidanza. Il loro giro d’affari era piuttosto lucroso: per ogni aborto, infatti, la banda pretendeva 300 euro. E, secondo la polizia, il business proliferava al ritmo di almeno un’operazione al giorno dal luglio scorso, da quando cioè i due dei cinesi che tiravano le fila della piccola organizzazione, fratello e sorella, si erano trasferiti nell’appartamento di via Paolo Sarpi.
Gli investigatori hanno catturato i due e la seconda levatrice (quest’ultima, madre di due figli di 13 e 16 anni, già denunciata e condannata a Reggio Emilia per lo stesso reato) in un appartamento di via Carlo Perini, a Quarto Oggiaro, dove la banda aveva trasferito in tutta fretta la propria attività clandestina subito dopo il servizio di Italia Uno. Gli altri due complici - il titolare e il gestore di un’erboristeria cinese di Chinatown che, dietro compenso, fornivano il numero delle due sedicenti levatrici alle potenziali clienti - sono stati scoperti proprio nel loro negozio, in una traversa di via Paolo Sarpi.
I poliziotti hanno rinvenuto l’attrezzatura usata per gli aborti: la paziente, dopo essere stata anestetizzata con una forte dose di lidocaina, veniva operata dalle mammane su un tavolo da cucina e con ferri (divaricatori e spatole) le cui condizioni igienico-sanitarie lasciavano molto a desiderare.
Nel servizio de Le Iene fondamentale è stata la collaborazione di Len, una studentessa 18enne di Shanghai fintasi incinta e totalmente priva di punti di riferimento perché appena arrivata a Milano (in realtà è nata qui, parla e comprende perfettamente l’italiano). La giovane, con una telecamera nascosta, prima si è rivolta all’erborista e al titolare del negozio e, dopo varie insistenze, si è fatta dare l’indirizzo della mammana. Quindi si è recata nell’appartamento di ringhiera di via Paolo Sarpi dove la levatrice, dopo averla subissata di domande, ha ammesso di praticare aborti clandestini e quindi di poterla «aiutare» in cambio di 250 euro per l’operazione e di altri 50 per le medicine.
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