Pechino 2008

Bolt contro Michael Johnson per avere qualcuno da battere

Il giamaicano ha già in tasca il secondo oro. Ma ha altri due obbiettivi: strappare il record del mondo all'americano e la ribalta olimpica a Phelps

Bolt contro Michael Johnson per avere qualcuno da battere

Pechino - Quale mondo potrà accogliere Usain Bolt? Quello dei fenomeni o quello dei marziani? Ce lo farà sapere stasera. Fenomeno lo è già. Per ricordarlo, basterà riguardarsi per una vita la finale con record dei 100 metri. Per diventare marziano dovrà affrontare la sfida delle sfide: battere anche Michael Johnson. Stasera è in programma la finale dei 200 metri, e Michael Johnson è il secondo MJ che gli americani hanno immortalato. Dopo Michael Jordan c’è lui che, ad Atlanta, Giochi olimpici anno 1996, accoppiò due successi da favola e stabilì un record da fantascienza: vinse i 400 col più ampio margine cronometrico sul secondo dal 1896 ad allora e straripò nei 200 metri con quel 19”32 (più precisamente: 19”313) che diede perfin da pensare: sarà tutto vero?

E oggi siamo qui a dire: Bolt è fatto per batterlo. Michelone sarà in tribuna, il giamaicano in pista. Sarà una sfida sul limite dei 37 chilometri all’ora (37,3 la media di MJ ad Atlanta), anche impari perché Johnson potrà solo guardare, magari toccar gli amuleti suoi. Per spirito cavalleresco, l’altro giorno ha ammesso che il suo record è destinato a finire nel pedigree di Bolt. «Ma non qui a Pechino», ha spiegato. «Fisicamente il giamaicano è un talento unico e ha vinto i 100 in modo straordinario, come nessuno mai. Però correre i 200 significa abbinare tecnica e velocità, resistenza e forza veloce. Sono una lunghissima volata. E forse Bolt non è ancora perfetto».
Al di là dell’opinione di parte, probabilmente Michelone ha visto giusto. Tanto da lanciarsi nella profezia: «Qui correrà in 19”50». Che sarebbe, comunque, il secondo tempo mai corso nella storia. Bolt, per ora, si è fermato a 19”67 realizzato il 13 luglio, quando ancora non si fermava trenta metri prima della linea d’arrivo. Ghiribizzo che lo ha preso anche ieri sera, nelle semifinali in cui ha dominato. Suo il miglior tempo (20”09), gli altri a distanza: gli americani Crawford, che poi è il campione olimpico uscente, Dix, Spearmon e l’antillano Martina col secondo tempo (20”11). Stavolta ha promesso di non incantarsi. «Correrò finché mi scoppierà il cuore». Però sarà una sfida tra due stili. MJ correva come fosse seduto su una sedia, non dava il minimo segno di sforzo, il bacino basso lo equilibrava perfettamente in curva dove ha costruito i suoi record. Bolt è più sfarfalleggiante, ha una falcata lunga portata alla massima efficienza, è nato per correre i 200. I tecnici dicono che potrà allungare fino ai 400 e conquistare anche quel record che lo farebbe diventare, se ancora non ce ne fosse la convinzione, l’extraterrestre del Duemila. Nessuno ha mai incamerato insieme questi tre primati. MJ correva con un’idea scientifica della corsa. Bolt per divertirsi. «E non dite che faccio solo jogging. Penso a superare i miei avversari». Un po’ monotono nel copione. Si assicura d’essere in testa poi comincia a guardarsi intorno, e le suole delle sue scarpette d’oro cominciano lasciar scappare il fumo della frenata. «Stavolta ho guardato il tabellone per capire chi si stava qualificando». Ci manca che si prenda un caffè ed è a posto.

Ma i 200 cadono a proposito: domani Usain compirà i 22 anni. Ideali per festeggiare. Anche se, nel suo mondo, non c’è solo la corsa. Strizza l’occhio ai difensori dei diritti umani correndo con il braccialetto arancione. Ama il reggae e la musica. Ti pareva: un giamaicano! «Mi piace da pazzi ballare. E non vado preso sempre sul serio». È molto più giovane del Michael Johnson formato record, molto meno stella degli uomini da copertina che l’hanno preceduto. Alla lontana ricorda la strafottenza fisica di Michael Phelps in piscina. E se stasera raggiungerà il secondo oro con primato, regalerà all’Olimpiade il suo gioco per l’estate: chi è il vero uomo immagine dei Giochi di Pechino? Più grande uno o l’altro? Phelps ha il vantaggio di esser un americano che piace, inseguito dagli sponsor di tutto il mondo. Bolt ha già individuato il suo spot di successo: prendimi se ci riesci.

Detto al Michelone anfibio e a tutti i campioni del «nulla è impossibile».

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