Bondi: "D’ora in poi interverrò nella scelta dei giurati a Venezia"

Il ministro a Panorama: "Il nostro cinema è troppo autoreferenziale, ci vuole più mercato. Tarantino? Elitario e snob"

Bondi: "D’ora in poi interverrò nella scelta dei giurati a Venezia"

Milano - A Mostra conclusa e verdetto archiviato, il ministro Bondi svela il suo pensiero. E lo fa attraverso un’articolata intervista a Panorama, da oggi in edicola, che muove dalla sorprendente sintonia nel giudizio sul cinema italiano tra Gabriele Salvatores, in giuria a Venezia, e lo stesso ministro dei Beni culturali. Per spiegare le ragioni della disfatta italiana in laguna il regista premio Oscar di Mediterraneo aveva detto che «i nostri film non riescono a superare i confini nazionali, soprattutto perché non emozionano». Parole quasi identiche a quelle contenute in un intervento pubblicato il 13 maggio scorso proprio dal Giornale: «Il nostro cinema non emoziona, è pieno di pessimismo e mestizia. Nessun regista sa più fare la commedia all’italiana né quel grande cinema corale che fu il neorealismo».

Lontana la qualità della pur recente stagione del Divo e di Gomorra, Bondi sottolinea che le cose non andrebbero meglio con il finanziamento dello Stato perché «non aiuta a girare buoni film, anzi incoraggia un clientelismo che è esattamente il contrario della vera cultura». Per questo il ministero dei Beni culturali ha deciso di finanziare d’ora in avanti solo «opere prime dei giovani registi».
Tornando alla Mostra del cinema, per il ministro deve continuare ad esistere nella speranza che torni a rappresentare «il ruolo che aveva nel passato: non tanto di rassegna, ma soprattutto di mercato cinematografico». Ma i giudizi che non tarderanno a suscitare polemiche sono quelli che riguardano l’edizione della Mostra appena terminata. Il preambolo è costituito da una sonora bocciatura del presidente di giuria Quentin Tarantino. Non tanto per il presunto conflitto d’interessi nella scelta dei premiati, l’ex fidanzata Sofia Coppola e il suo stesso scopritore Monte Hellman. Quanto perché, arriva a dire il ministro, «è espressione di una cultura elitaria, relativista e snobistica, che non tiene in alcun conto i sentimenti e i gusti del popolo e della tradizione, considerati rozzi e superati». Perciò, gli viene chiesto dall’intervistatrice, lei non l’avrebbe messo a capo della giuria. «Ferma restando l’autonomia della Fondazione Biennale, siccome i finanziamenti sono dello Stato», sono le sorprendenti parole del ministro, «d’ora in avanti intendo mettere becco anche in queste scelte, a nome del popolo che il governo rappresenta».

Tolto il macigno dalle scarpe, gli altri sono poco più che sassolini. Come la tirata d’orecchi al direttore Marco Müller che ha escluso dal concorso l’acclamato Gorbaciof di Stefano Incerti con un superbo Toni Servillo.

«Müller commette qualche volta gli errori che compiono solitamente gli allenatori delle squadre di calcio: si innamorano dei propri schemi fino al punto di non privilegiare i talenti che sono di fronte agli occhi di tutti».

Da Venezia i dirigenti della Mostra del cinema hanno preferito non commentare.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica