Verrà proiettato al Festival di Locarno solo domani. Ma già da ieri, intorno a Il sol dell’avvenire, film del regista Gianfranco Pannone sugli anni di piombo e sulla nascita delle Brigate rosse, tratto da un libro del giornalista e saggista Giovanni Fasanella, si è accesa la polemica. A innescarla è una dichiarazione infuocata del ministro della Cultura Sandro Bondi che, dopo una visione serale e privata, sceglie di attaccare la pellicola per il suo contenuto: «Ho provato un senso di amarezza e di sconcerto - dice il ministro - per una ricostruzione che dà voce esclusivamente ai protagonisti di un’ideologia criminale che tante sofferenze ha provocato a tante famiglie».
Le parole di Bondi, dunque, pesano doppiamente, sia perché pronunciate alla vigilia della proiezione al festival. Sia perché il ministero dei Beni culturali appare come patrocinatore e finanziatore del documentario, al pari della «Emilia Romagna Film commission». Il ministero è intervenuto con un fondo di circa 250mila euro, approvati - come tiene a precisare Bondi - durante il mandato del precedente ministro, Francesco Rutelli.
Eppure, la storia e la genesi di libro e film sono molto complicate. Il realtà, il documentario di Pannone (apprezzato per il suo precedente Latina/Littoria) e Fasanella, è la trasposizione sul grande schermo della prima parte di un saggio-intervista uscito per la Rizzoli tre anni fa, Che cosa sono le Br. Un testo che all’epoca aveva suscitato molte critiche, ma di parte brigatista, diventando il pilastro bibliografico della teoria secondo cui, la più importante formazione della lotta armata in Italia, sarebbe stata «manipolata» ed «eterodiretta». Una tesi avvalorata dalla testimonianza di Franceschini (uno dei fondatori) e molto contestata da tanti ex terroristi che vedevano in questo «offesa» la reputazione della loro ex organizzazione. Il secondo punto forte del libro è la tesi dell’«album di famiglia» che unisce il Pci emiliano, la memoria resistenziale e le formazioni armate degli anni settanta, cuore del documentario.
Per questo gli autori scelgono di far incontrare a pranzo cinque ex militanti della Fgci di Reggio Emilia, per cercare di far emergere, come in un pranzo di autocoscienza, le ragioni che avevano portato alcuni (Roberto Ognibene, Tonino Paroli e lo stesso Franceschini) alla scelta del terrorismo. Altri (Paolo Rozzi e Annibale Viappiani) alla militanza politica e sindacale. Una scelta che era parsa opportuna, ai primi critici che hanno avuto modo di visionare la pellicola, a partire da Il Secolo d’Italia, organo di An, che metteva in risalto - in un fondo della corsivista Annalisa Terranova - la sottolineatura del legame fra ex partigiani e i futuri brigatisti. E che invece pare inaccettabile all’ex presidente dell’associazione delle vittime Berardi. È lui a segnalare la pellicola a Bondi. Ieri il direttore generale per il Cinema, Gaetano Blandini, diffondeva in una nota parole che spiegavano la genesi del finanziamento e recepivano una critica di Bondi: «Sulla base delle direttive ricevute dal ministro Bondi, per il futuro chiederemo anche alle associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo di aiutarci nella valutazione di progetti riguardanti analoghe tematiche».
Adesso non è chiaro cosa accadrà del film dopo il passaggio a Locarno. La casa di produzione, infatti, aveva preso un accordo di massima con l’istituto Luce, che avrebbe dovuto distribuire il film nelle sale. Ma gli stessi autori (vedi Fasanella) temono che le polemiche possano far saltare l’accordo.
In questo caso il destino de Il sol dell’avvenire sarebbe segnato: uscirebbe (in tempi molto rapidi) nella versione home video in libreria, per la casa editrice Chiare lettere, che ne ne ha già comprato i diritti. Il che vuol dire che Il Sol dell’avvenire potrebbe sorgere in libreria. Ma non in sala.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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