Si sta per chiudere un anno da grande star per il Btp. Un fatto che è cristallizzato in un dato: il differenziale di rendimento tra il titolo di stato decennale italiano e il pari durata tedesco, precipitato ai minimi da 16 anni a quota 65 punti base. Basti pensare che alla fine del 2022, alla vigilia dell'insediamento del governo guidato da Giorgia Meloni, lo spread era intorno a 240 punti. Un ripiegamento frutto della forte domanda sui titoli di Stato italiani, visti come una roccaforte di stabilità in un'Europa politicamente fragile. Le varie aste bandite dal ministero dell'Economia - nel 2025 sono stati collocati 380 miliardi di Btp e 170 di Bot - sono andate molto bene. Per fare due esempi, quella dell'11 dicembre metteva sul piatto titoli a 3, 4 e 5 anni per 5 miliardi, che hanno ricevuto richieste per oltre 8 miliardi. Mentre il 27 e 28 novembre sono stati collocati titoli decennali per 2,75 miliardi con una domanda di 4,3 miliardi. Segno di una richiesta convinta, a maggior ragione dopo le promozioni delle grandi agenzie di rating al debito
pubblico italiano. Il nostro decennale - che rende il 3,51% - è l'unico titolo di Stato di grandi Paesi europei a essere rimasto sostanzialmente stabile. Il tasso d'interesse del Bund tedesco - che ora rende il 2,86% - nell'ultimo anno è aumentato 23,3%. Gli Oat francesi del 13,5% e ora rendono il 3,56 per cento.
Tutto questo non è passato inosservato anche agli occhi della stampa internazionale. Ieri il Financial Times ha dedicato un articolo a Italia e Spagna affermando che si lasciano alle spalle l'etichetta di «periferia» dell'Eurozona. Il quotidiano finanziario afferma che gli investitori ne premiano la disciplina di bilancio, temendo invece il forte aumento del debito in altre economie dell'Eurozona tradizionalmente considerate sicure. «Stiamo assistendo a una fusione tra la periferia e Paesi precedentemente considerati investimenti più sicuri, come Francia, Belgio e Austria», osserva Ales Koutny, responsabile dei tassi internazionali di Vanguard, aggiungendoche «i mercati hanno la memoria lunga, ma con il giusto incentivo sono disposti a voltare pagina». Dall'altra parte della barricata, invece, ci sono Paesi come la Francia che stanno conoscendo difficoltà politiche ed economiche rilevanti, con un governo paralizzato che peraltro fatica a rimettere i conti su una traiettoria sostenibile. Mentre l'Italia il prossimo
anno uscirà dalla procedura d'infrazione per deficit eccessivo, Parigi dovrà penare parecchio per riuscirci entro il 2029 come ha promesso alla Commissione europea. «Il deficit pubblico enorme - prosegue l'articolo - e le turbolenze politiche in Francia hanno spinto i costi di indebitamento al di sopra di quelli della Spagna» e «persino laGermania, di fatto il porto sicuro dell'Eurozona, è stata oggetto di una rivalutazione da parte dei mercati dopo aver lanciato un piano di spesa da mille miliardi di euro».
L'economia tedesca sta tentando di uscire dalle secche degli ultimi anni post-covid, con il cancelliere Friedrich Merz a fare i conti con la crisi del settore trainante dell'automotive colpito dai dazi e dai rigidi paletti europei sui motori endotermici.
Pur avendo un debito pubblico a livelli molto più bassi rispetto a Italia e Francia, Berlino ha un problema di crescita e di crisi di modello di sviluppo non potendo più contare sul gas a basso costo dalla Russia per alimentare le proprie industrie e il deterioramento delle relazioni commerciali con il mercato di sbocco cinese, dove invece avanzano le auto elettriche di Pechino.