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Borse, gli occhi sono puntati sui conti di Alcoa

Contro tutti i pronostici gli analisti finanziari hanno alzato negli ultimi giorni le previsioni sui risultati delle maggiori compagnie americane nel secondo trimestre. Nonostante i deludenti dati economici, gli strascichi di una performance di Borsa talmente negativa da rievocare i tempi del fallimento della Lehman Brothers, per gli esperti i fondamentali delle società sono in miglioramento, con profitti che mediamente per le 500 maggiori aziende americane dovrebbero salire del 27% rispetto al medesimo periodo dell’anno prima.
Questo apparente controsenso si giustifica da una parte con una strategia estremamente prudente nelle spese: nei periodi di crisi le compagnie sono tempestive nel ridurre i costi, ma non lo sono altrettanto nell’alzare il livello di spesa in fase di ripresa. Dall’altra con l’eccessivo entusiasmo scaturito alla fine dello scorso anno e nei primi mesi del 2010 che ha portato a una riorganizzazione delle scorte. «I tempi della ripresa che si ipotizzavano a inizio anno non sono gli stessi che si valutano ora, dopo la correzione arrivata dagli indicatori sul mercato del lavoro e dalla produzione», dichiara Pio De Gregorio, responsabile della ricerca sull’azionario a Centrobanca.
L’ottimismo di un recupero significativo degli ordini e di una ripartenza degli investimenti grazie al basso livello del costo del denaro, dopo le scintille a cavallo dello scorso inverno, non hanno trovato riscontro nei dati delle ultime settimane. Il livello degli occupati nel settore privato americano nel mese di giugno è aumentato meno delle previsioni, confermando la reticenza delle società nell’affrontare la seconda parte dell’anno. Il comparto manifatturiero ha toccato il mese scorso i minimi dell’anno, conformandosi così ai valori giunti dall’Europa e persino dalla Cina, alle prese peraltro con una brusca contrazione del mercato immobiliare che porterà, secondo gli analisti della banca inglese Standard Chartered, a un crollo dei prezzi del 30% nel secondo semestre. Allarmati da queste indicazioni gli investitori sono subito corsi ai ripari rifugiandosi nelle obbligazioni e costringendo le Borse a una brusca correzione nei mesi di maggio e giugno, per un complessivo ribasso del 12% dell’indice S&P 500. Il saldo trimestrale peggiore dal 2008, con un divario tra performance dei bond contro l’azionario che non si registrava da nove anni.
«Le incognite sui debiti europei e le debolezze produttive probabilmente non si rifletteranno nei bilanci del secondo trimestre ma, se confermati nelle prossime settimane, nei conti dell’ultima parte dell’anno» spiega De Gregorio. Le stime raccolte da Thomson-Reuters indicano fondamentali in miglioramento per 8 settori su 10 e una palma d’oro che dovrebbe spettare alle compagnie energetiche, vista la rilevanza nei bilanci dell’apprezzamento del dollaro, rientrato da oltre 1,50 a 1,26 al rapporto con l’euro. Si sono affievoliti invece gli entusiasmi sulle grandi banche d’affari: «Le attività di investimento potrebbero aver risentito maggiormente delle difficoltà dei mercati, mentre gli industriali dovrebbero aver beneficiato della domanda dai Paesi emergenti, degli aiuti pubblici, e del confronto con un periodo particolarmente difficile, e quindi poco indicativo, come quello dello scorso anno» sottolinea Karim Bertoni, gestore a Ginevra alla Banque Syz & Co.
Oggi, la prima tra le grandi del listino industriale Dow Jones a svelare i risultati sarà Alcoa (alluminio), cui seguiranno in settimana gruppi del calibro di Jp Morgan, Citigroup, General Electric, Intel e Google. Per tutti l’attenzione sarà rivolta più alle aspettative che ai numeri di bilancio.

Si cerca, nelle previsioni e impressioni dei vertici aziendali, di allontanare lo spettro, paventato dai più pessimisti, di una possibile ricaduta in una seconda recessione (avvenuta solo due volte: nel 1931 e nel 1981, in presenza di risposte monetarie restrittive). E trovare magari l’antidoto alla volatilità delle ultime settimane.

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