Controcultura

Borzacchiello Il Batman "comunicatore" contro l'invasione dei conformisti

"La biologia impedisce di vedere tutto nero o bianco. Farci funzionare come robot è qualcosa di folle"

Borzacchiello Il Batman "comunicatore" contro l'invasione dei conformisti

Autore di saggi bestseller sul linguaggio continuamente ristampati, in arrivo a fine mese Basta dirlo. Le parole da scegliere e le parole da evitare per una vita felice (Mondadori), consulente aziendale sempre su come usare il linguaggio, esperto di intelligenza linguistica, influencer, o meglio anti-influencer su Instagram, in realtà Paolo Borzacchiello è il Bruce Wayne del mondo della comunicazione italiana. Non so quanto guadagni, ma di certo molto più di me, infatti la sua collezione di statue di Batman è superiore alla mia. Ci vediamo a Roma in un ristorante di quelli chic scelto da lui (è venuto per una conferenza, mi spiega cos'è ma è troppo complicato, non ci capisco niente), parliamo un po' di Freddie Mercury, perché sto lavorando a un romanzo su di lui, ma la conversazione va a finire sul politicamente corretto, argomento che interessa entrambi, e mi viene l'idea di intervistarlo. «Che faccio, prendo appunti?» gli dico mentre cominciano a portare uno di quegli omaggi degli chef, una pappina in una ciotolina, con me tutto sprecato, il mio piatto preferito è il Big Mac. «Fai pure, sono abituato». Avendo da poco ricevuto una shitstorm femminista per aver scherzato sul catcalling gli chiedo cosa ne pensa. «La stigmatizzazione di fenomeni come il catcalling, che tu nomini, se esasperata, può portare a effetti paradossali. Capisco la ratio di una tale stigmatizzazione, ma non esiste solo il bianco e il nero, come si pretende oggi». «Eppure sembra che esistano solo buoni e cattivi». Paolo sospira, mentre nel frattempo ci arriva qualcosa con uova di quaglia e una cremina francese. Non ho mai capito perché nei ristoranti chic ci siano sempre le uova di quaglia e solo ingredienti in francese. «La biologia» dice Paolo, «ci impedisce di vedere tutto bianco o nero, giusto o sbagliato. Siamo esseri umani: pretendere di farci funzionare come robot è quantomeno folle». Paolo è elegante, si muove con gesti sicuri, sorseggia un calice dello champagne che ha ordinato e nel frattempo ne ordina un altro perché io l'ho finito tutto da solo in dieci minuti, ogni tanto controlla qualche notifica sull'Apple Watch.

Mentre arriva un altro piatto indefinito (per non sbagliare io ho ordinato tutto quello che ha ordinato lui), gli chiedo delle femministe: «Hanno detto anche a te che fai mansplaining?». «Assolutamente sì, e più di una volta, anche quando l'argomento non c'entrava niente». «Per esempio?». «Una volta mentre parlavo di Lakoff e Grice, del primo per la teoria dei frames e del secondo per la teoria delle implicature. Mi hanno detto che faccio presto io a parlare perché sono un maschio bianco, etero e probabilmente cisgender. Non ho idea di che cosa possa c'entrare il fatto che io parli di semantica con il fatto di essere bianco, etero, cisgender. È quella che Douglas Murray chiama la pazzia del folle».

Nel frattempo continuo a riempirmi calici di champagne, tanto paga Bruce Wayne. «Pensa che la Murgia ha organizzato una mozione perché non siano più pubblicati i miei libri». Paolo sorride con il suo sorriso sornione, borzacchiellesco. «Pensa che mi sono comprato pure il suo ultimo libro, per capire di cosa si trattasse. Per esempio lei sostiene che dire a una donna che ha un tocco femminile è sessista. È falso, non lo è per nulla. Casomai è la coscienza che il cervello femminile ha un corpo calloso più spesso di quello maschile e quindi il passaggio di informazioni fra i due emisferi è nettamente diverso da quello che avviene nei cervelli maschili...».

Non so cosa sia arrivato nel frattempo, mangio tutto, è uno sformato francese credo, con una riduzione di qualcosa e una salsina vicino, boh, e intanto giù champagne, e Paolo ne ordina un'altra. «Oggi è sessista pure dire a una donna che è bella» dico. «Oggi qualsiasi cosa diventa sessista» dice Paolo. «Non ho capito se la questione delle spine dei cavi, maschi e femmine, sia una bufala o se davvero qualcuno stia pensando di cambiare il nome di questi oggetti. Se così fosse dovremmo correre tutti a rileggere 1984 di Orwell, che una volta era un romanzo distopico e oggi è praticamente la cronaca di quel che succede».

Andiamo avanti parlando del più e del meno, di stelle di neutroni e della sua ultima statua del Joker, ma quando ci portano il caffè gli domando cosa è per lui il conformismo oggi. «Seguire la corrente senza sapere cosa sia la corrente...» dice Paolo, «ci si lava la coscienza a colpi di hashtag, ci si inginocchia senza sapere cosa significhi quel gesto. Guarda la nazionale: quando a Chiellini hanno chiesto quale fosse la posizione della squadra al riguardo, non ha saputo neppure di cosa si trattasse. Se compi un gesto o digiti hashtag senza sapere che cosa stai facendo sei conformista». «E sul ddl Zan?». «Bell'esempio. Credi che tutti quelli che si dichiarano a favore lo abbiano letto? Ecco, quello è il conformismo, scrivere quello che pensi otterrà più like, o aderire a posizioni politicamente corrette senza saperle argomentare, fare quello che fanno gli altri solo perché va di moda. La cosa bellissima e paradossale è che i più conformisti di tutti, oggi, sono gli anticonformisti di ieri: se non ti uniformi al loro pensiero unico, sei il nemico. E se non è conformismo questo...».

Infine non resisto e gli faccio una domanda che ho in mente da un po', diciamo dalla seconda bottiglia di champagne: «Chi è il tuo scrittore preferito?». Paolo ride. «Domanda mal posta se mi consenti. Non ci possono essere preferenze, nella misura in cui esiste un solo grande, magnifico e magniloquente scrittore, narratore di inumani, stigmatizzatore della casta di capre che ci governa, rapitore di rock star e amico di Freddie Mercury... va bene come risposta? Posso aggiungere anche Stephen King?». «Certo che puoi».

Mi riaccompagna a casa con un Uber che mi sembra la Batmobile e io continuo a pensare al corpo calloso e anche a che cazzo abbiamo mangiato.

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