Politica

Bossi: andrò al Sud a spiegare il federalismo

L’ex ministro ai giovani lumbard: «Sarete voi a fare la Padania»

Adalberto Signore

da Roma

Le cene ad Arcore e le riunioni del lunedì a via Bellerio non gli bastano più. Così, dopo il doppio appuntamento al Monviso prima e a Venezia poi, Umberto Bossi ha deciso di rimettersi in pista. Certo, non è più come un tempo, quando il Senatùr girava per le valli del Varesotto e della Bergamasca fino alle quattro, alle cinque di mattina. E urlava ai comizi, parlava con i militanti e svegliava a notte fonda mezzo stato maggiore del movimento per discutere ed elaborare strategie. Perché gli acciacchi ci sono ancora (dal braccio sinistro immobile alla gamba sinistra affaticata e dolorante) e stanno lì tutti i giorni a ricordargli quello che ha passato in quest’ultimo anno e mezzo. Bossi, però, ce la sta mettendo tutta. E gira quasi senza sosta. Sabato sera un comizio a Bologna con ritorno in autostrada a notte inoltrata, domenica nel Varesotto con le associazioni, lunedì prima via Bellerio, poi un salto a Varese all’assemblea della Regio Insubrica e alla sera di nuovo a Milano per l’incontro con il Movimento dei giovani padani. Una vera e propria trottola. «Con quello che gli è successo - dice più di un dirigente del Carroccio - è incredibile la vitalità e la voglia che sta dimostrando». E se qualcuno si preoccupa un po’, perché «nelle sue condizioni ci si stanca subito e deve stare attento a non esagerare», sono in molti a farsi prendere dall’entusiasmo per il più atteso dei ritorni. «È proprio come ai vecchi tempi - dice un importante esponente della Lega - e visto che il Capo ha ricominciato a chiamare a notte fonda io ho ripreso a tenere sul comodino il blocco degli appunti».
E già, perché da qualche settimana a questa parte, Bossi ha ricominciato con il suo giro di telefonate serali, segno - dice chi lo conosce - «che sta davvero meglio». Il Senatùr vuole sapere per filo e per segno quel che succede a Roma e chiede conto nel dettaglio di vertici e controvertici. E pure sul Devolution day di Reggio Calabria ha preteso cronache particolareggiate, con tanto di relazione sui singoli interventi. E qualche perplessità sull’approccio avuto da An e Udc non è riuscito a nasconderla. Perché - è il ragionamento che ha fatto - non si può andare al Sud a dire che questo federalismo non fa danni perché lascia tutto com’era o, magari, perché si limita a rimediare ai danni fatti dalla riforma dell’Ulivo. Se si ragiona così, avrebbe detto Bossi a più di un interlocutore, è chiaro che le elezioni si possono solo perdere. Insomma, secondo il leader del Carroccio, «serviva un approccio in positivo», perché «bisognava andare lì a spiegare al Mezzogiorno quanto sia importante responsabilizzare gli amministratori locali, quanto cambiano le cose quando i soldi vengono gestiti direttamente da chi conosce il territorio» invece che arrivare a pioggia da Roma. Insomma - è la convinzione di Bossi - «bisognava dirgli che il federalismo è un bene per il Nord e allo stesso modo è un bene per il Sud». È anche per questo che il Senatùr ha già deciso che al prossimo Devolution day (in programma a ottobre), insieme a Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini ci sarà anche lui. Perché, si sa, la riforma federalista è una delle questioni che più gli sta a cuore.

Al punto che lunedì sera, nell’incontro con il Movimento giovani padani in via Bellerio, Bossi ha esortato i circa duecentocinquanta presenti: «Noi portiamo a casa il federalismo, voi che siete la futura classe dirigente farete la Padania».

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