Bossi difende la missione a Kabul: necessaria

RomaEntrano nella Basilica di Santa Maria degli Angeli accompagnate da un lungo applauso le bare, avvolte nel tricolore, dei due militari caduti in Afghanistan. Le portano a spalla i compagni alpini. La basilica è gremita di «penne nere». Tra loro, sulla sedia a rotelle, anche il caporal maggiore Gianfranco Scirè, che era sul Lince colpito dall’ordigno. In concomitanza con il rito funebre le caserme di tutta Italia ricordano i due commilitoni uccisi con un minuto di silenzio.
Funerali di Stato per il sergente maggiore Massimiliano Ramadù e il caporal maggiore Luigi Pascazio, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e delle più alte cariche istituzionali. Ci sono il premier Silvio Berlusconi, i presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, una folta rappresentanza della Lega, politici dell’opposizione, tanti ministri (tra i quali Giorgia Meloni con il foulard nero e beige ricevuto in dono pochi mesi fa da un gruppo di soldati italiani di ritorno dall’Afghanistan) e i vertici militari. «Massimiliano e Luigi non sono morti invano», dice nella sua omelia l’ordinario militare monsignor Vincenzo Pelvi, rivolgendosi prima di tutto alle loro mamme. Cerca le parole giuste per consolarle: «Hanno vissuto per gli altri e sono morti per gli altri, non hanno voluto solo un’esistenza tesa alla propria soddisfazione e alla propria gloria. Il loro sacrificio non è vano per l’Afghanistan e non è vano per l’Italia, perché ignorare il pericolo terrorista non allontana la minaccia ma la porta dritta al cuore delle nostre città. Le condizioni di insicurezza delle altre nazioni, se non sono contenute e sradicate, possono ostacolare il progresso della famiglia umana. La rinuncia a pensare il mondo al di là del proprio interesse immediato, la sfiducia nell’azione umanitaria, la diffidenza verso ogni universalismo, tutto questo è la tomba dell’umanità».
Sul feretro di Pascazio, vicino ad una foto e al tradizionale cappello con la penna, c’è un’orchidea rosa. A metterla è stata Tonia, la fidanzata, per dire addio al suo Luigi, morto a soli 25 anni. Al termine della funzione il capo dello Stato si avvicina alle famiglie per un abbraccio commosso, poi tocca a Berlusconi, Fini e Schifani.

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ringrazia, a nome dei parenti dei caduti e di tutte le forze armate, «le istituzioni e i cittadini per la vicinanza che stanno esprimendo e che aiuta a superare momenti come questi». Parla anche il leader della Lega, per ribadire che quella in Afghanistan è «una missione purtroppo necessaria»: «Il terrorismo se non lo blocchi dove nasce si espande».

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