Il voto alla Camera di ieri che autorizza l'arresto del deputato pidiellino Alfonso Papa (e quello al Senato che nega le manette per il democratico Alberto Tedesco) dimostra alcune cose. La prima: anche dentro la maggioranza il Pdl è l'unico partito garantista, così come da patto con gli elettori. La seconda: nella Lega non comanda più Umberto Bossi, che sul caso in questione aveva sbandato più volte ma alla fine aveva lasciato intendere di voler stare in carreggiata, sia pure in modo ambiguo e pasticciato. La terza: giunge a un bivio pericoloso la lunga marcia comune tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, un patto di reciproca assistenza che, a volte turandosi il naso, ha permesso di governare e impedire che il Paese finisse in mano a una alleanza catto-comunista. La quarta: la sinistra ha perso ogni credibilità, votando contro Papa alla Camera e a favore del suo Tedesco al senato. Cosa da veri cialtroni.
Insomma, invece del senso di responsabilità hanno prevalso calcoli elettorali e problemi interni alla Lega. La quale avrebbe dovuto trovare altri modi di prendere le distanze dalla Casta del mandare in carcere un uomo prima di un processo e di una sentenza. Per esempio votando sì l'abolizione delle province, presentando leggi per togliere ai deputati e ai senatori le pensioni d'oro e i mille privilegi di cui godono. Ma si sa, tutti tengono famiglia, e i parlamentari del Carroccio non fanno eccezione. Meglio fare i moralisti con il povero Papa che dimostrare di essere morali e coerenti con se stessi.
Ovviamente la domanda è: perché tutto questo? La questione andrebbe posta a Roberto Maroni, ottimo e solido ministro degli Interni ma politicamente irrequieto. Forse il suo obiettivo era di accontentare la pancia forcaiola del suo partito. Che però, stando alle prime reazioni raccolte da Radio Padania e dai siti d'area, è assolutamente minoritaria ( i commenti sono quasi tutti di rabbia e sconcerto). Può essere invece che Maroni abbia deciso che era arrivatoil momento di mettere Bossi all'angolo per preparare ( o anticipare) la successione. Oppure ancora. Che Maroni e i suoi (Castelli ieri sera ha annunciato che non voterà il rifinanziamento della missione in Libia) stiano spingendo Bossi fuori dall'orbita berlusconiana per agevolare una crisi di governo che potrebbe portare subito a un governo tecnico e in futuro a nuove alleanze. Se la risposta giusta fosse la terza saremmo di fronte a una manovra di corto respiro. Liberarsi dall'abbraccio di Berlusconi, in effetti, è sentimento diffuso nelle gerarchie leghiste e, in parte, nel suo elettorato. Suicidarsi invece no.
Dove andrebbe la Lega senza il Pdl? Potrebbe offrire una stampella a un governo tecnico, che per definizione si insedierebbe con l'obiettivo di varare nuove misure di lacrime e sangue per il popolo padano (addio sanatorie sulle quote latte e favori simili). Oppure andare alle elezioni. Da sola? Sparirebbe. Insieme con la sinistra? I suoi elettori non capirebbero tanto trasformismo, farebbe la fini dell'Udc di Casini quando si presenta in cartello con il Pd: un disastro.
Ora tutti gli occhi sono puntati sui due uomini, oltre
al povero Papa, puniti nella giornata di ieri: Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Dalla tenuta del loro rapporto personale e politico dipende il futuro di questo governo, della legislazione e anche del Paese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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