Urlacci, scapaccioni, pasti fatti ingoiare con la forza e, nei casi più «gravi», persino segregazioni nello stanzino buio. Sarebbero stati questi i metodi «didattici» di due educatrici in un asilo nido che accoglieva bambini tra i 18 mesi e i 3 anni. Maltrattamenti denunciati da unaddetta alle pulizie e poi confermate da una terza educatrice. La magistratura ha ora denunciato le due donne e disposto per loro il «divieto di dimora» nella struttura.
Lindagine nasce il mese scorso quando si presenta alla polizia una inserviente raccontando cosa succedeva nellasilo dove lavorava. La struttura, ricavata in uno stabile in via Andrea Cisalpino, zona Gorla, tra via Padova e viale Monza, accoglie 18 bambini e appartiene al Comune, ma è gestita da una cooperativa che mette a disposizione il personale. Si tratta tra laltro di una società piuttosto importante che gestisce altri 30 istituti cittadini. E appunto in quello diventato poi oggetto di indagine, sarebbero successe cose dellaltro mondo. Insulti e rimproveri al limite del terrorismo psicologico, sculaccioni, cibo rifiutato, o rigettato, fatto ingerire con la forza. E per i più disobbedienti il «carcere», vale a dire uno stanzino buio.
La donna delle pulizie non si limita a raccontare fatti, ma esibisce delle prove inconfutabili: foto scattate con il suo videotelefono che dimostrano latteggiamento militaresco delle due educatrici, due giovani donne tra i 25 e i 30 anni, una sembra persino laureata in psicologia. La polizia sviluppa le indagini, sente una terza vigilatrice che conferma le accuse e alla fine redige una relazione che finisce sul tavolo del sostituto procuratore Marco Ghezzi. Che definisce giuridicamente il comportamento delle due donne: maltrattamenti, aggravati dalla giovanissima età delle vittime e dalla posizione delle indagate, incaricate di un pubblico servizio.
«Un reato particolarmente odioso perché commesso ai danni di bambini assolutamente indifesi e che non sarebbero stati in grado di parlare» commenta Ghezzi, che definisce le due indagate «evidentemente inadeguate a fare il loro lavoro. Anche se qualcuno ha avuto il coraggio e il rigore professionale di denunciare quanto accadeva». Per Ghezzi quello dellasilo è stato un episodio «isolato e sporadico» e certamente non si tratta di un fenomeno. La giusta indignazione del magistrato si traduce in una richiesta di arresti domiciliari rivolta al gip Giovanna Verga. Del resto la pena prevista per un simile reato è già abbastanza pesante, da 1 a 5 anni, ma le due aggravanti possono aumentare la sanzione anche di due terzi. Il giudice delle indagini preliminari ritiene invece sufficiente un provvedimento che tenga le educatrici lontane dai bimbi e dispone per loro il «divieto di dimora» nella struttura.
«Evitiamo criminalizzazioni generalizzate - dice ora lassessore comunale allEducazione e allInfanzia Bruno Simini -. Innanzitutto anche questa vicenda dimostra che i controlli e la vigilanza esistono.
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