Bpi firma, oggi il «concordato» Magiste

Trovato l’accordo con Popolare Italiana, ora la parola sul fallimento spetta ai giudici

da Milano

La sopravvivenza di Magiste dipende ora solamente dal giudice fallimentare. Dopo un lunghissimo braccio di ferro il gruppo di Stefano Ricucci ha infatti convinto Banca Popolare Italiana ad accettare il concordato preventivo: l’istanza sarà presentata oggi al tribunale a Roma.
Difficile tuttavia soppesare con esattezza l’accordo, legato a molte variabili tra cui il controvalore del pacchetto Capitalia rastrellato da Ricucci (50 milioni alle quotazioni di ieri), tuttora sotto sequestro ma destinato a passare a Bpi. Un primo accordo quadro era stato raggiunto il 7 giugno, quando il consiglio di amministrazione di Bpi aveva manifestato «apprezzamento» per la proposta avanzata dagli advisor di Ricucci. La firma era stata però rinviata affidando all’amministratore delegato Divo Gronchi il compito di definire gli ultimi dettagli con i consulenti dell’immobiliarista che si trova ancora in carcere a Roma. Fino a quando ieri non si è concretizzato l’assenso di Bpi cui è seguita, in una corsa contro il tempo dovuta anche alla minaccia della Procura di procedere alla richiesta di fallimento in mancanza di un atto concreto, una maratona di appuntamenti assembleari per le numerose controllate della galassia Ricucci.
Con questa mossa Bpi pone un altro tassello per lasciarsi definitivamente alle spalle le conseguenze della fallita Opa su Antonveneta e il legame di interessi tra Ricucci e l’ex amministratore delegato Gianpiero Fiorani. Lodi, inizialmente esposta per oltre 800 milioni, si era già rivalsa sul pacchetto Rcs (14,7%) depositato in pegno dall’immobiliarista. L’esito era stato «girare» il 10,3% della partecipazione alla famiglia Benetton e alla Lamaro Costruzioni di Pierluigi Toti (5% a testa) e in parte minore ad alcuni istituzionali tra cui la svizzera Ubs.

L’operazione, affidata alle cure di Crédit Suisse, aveva portato 340 milioni nella casse di Popolare Italiana che aveva però dovuto intervenire direttamente a ritirare il resto della partecipazione. Secondo le attese degli ultimi giorni, Lodi dovrebbe rinunciare a 50 milioni di crediti residui e accettare di dilazionare il saldo dei restanti 136 milioni.

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