Bpi: la «parola» del cda non convince la Procura

L’offerta di dimissioni non basta a liberare la quota Antonveneta

da Milano

La Procura ringrazia, ma l’atteggiamento nei confronti del vertice della Bpi sul congelamento del pacchetto del 29% di Antonveneta non cambia di una virgola. Ieri mattina è arrivata sulla scrivania dei Pm milanesi titolari dell’indagine sulla scalata Antonveneta la lettera firmata dal consiglio della Bpi in cui il cda si dichiara disposto a rassegnare le dimissioni per favorire il dissequestro dei titoli della banca veneta. Ma secondo fonti bene informate, riportate dall’agenzia Reuters, la missiva non sarebbe ritenuta sufficiente dalla Procura a sbloccare l’impasse: «Stamane (ieri, ndr) è stata consegnata la lettera. Tuttavia non sembra al momento una condizione sufficiente per favorire lo sblocco dei titoli Antonveneta».
Un pacchetto, va ricordato, che pesa per il 25,2% del capitale della banca, vale 2,1 miliardi e, finché immobilizzato, costa 150mila euro al giorno alla banca lodigiana, in oneri finanziari. In ogni caso il passo è positivo perché è stato interpretato come un segnale nella direzione di voler risolvere la questione, e sembra un modo per accelerare l’iter.
Tuttavia secondo Reuters, i giudici non possono prendere in considerazione «promesse di dimissioni condizionate al dissequestro dei titoli».
Consiglieri e sindaci della Bpi hanno intanto fatto un’altra mossa e ieri hanno presentato una richiesta formale alla Procura per sapere se i loro nomi sono iscritti nel registro degli indagati per «aggiotaggio» sul titolo della stessa banca lodigiana. Una richiesta che per ora è rimasta senza risposta.
In Borsa il titolo ha comunque beneficiato dell’iniziativa del cda della Bpi, che ha diffuso nel mercato l’impressione che la vicenda sia a un passo dalla conclusione. Le azioni hanno chiuso a 7,4 euro, in rialzo del 2,5%, dopo essere state trattate fino a 7,55 (+4%).

L’effetto positivo sull’istituto sarebbe duplice: Bpi potrebbe incassare le entrate della cessione delle azioni già vendute ad Abn Amro e allo stesso tempo evidenziare ulteriormente la distanza tra il nuovo corso e la passata gestione dell’ex ad Giampiero Fiorani.

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