da Milano
«Sfatiamo un mito: la manodopera cinese non è meno cara di altre. Confrontando le buste paga, un operaio albanese, turco o di qualche paese dellex Unione Sovietica, guadagna assai meno. Il problema è un altro: la merce cinese è altamente competitiva, i processi produttivi e di trasporto sempre più veloci. Guardiamo il loro pronto moda: in appena cinque giorni dalla firma dellordine, un qualsiasi capo dabbigliamento prodotto in Cina arriva in vetrina in Italia». Il tenente colonnello Marco Defila gode di un punto dosservazione privilegiato, essendo al vertice del comando provinciale della Guardia di finanza di Prato. In provincia il 10,5% delle 30mila aziende presenti sono straniere. Duemila quelle gestite da cinesi con aree industriali, come il macrolotto 1 e 2, tra le più estese nellUe. «Raggiunta la qualità, a loro mancano i marchi - prosegue il comandante - e quindi, oltre ai prodotti, copiano griffe e sigilli di garanzia. Le contromosse? Qualche giorno fa abbiamo sequestrato 100mila capi di abbigliamento di origine incerta e 100mila etichette made in Italy false. Questo grazie alle maggiori possibilità di azione introdotte dal recente decreto sulla competitività». Insomma, unattività di frontiera con due squadre di investigatori impegnate sugli affari dei mercanti dagli occhi a mandorla. «Si dedicano a tempo pieno - sottolinea Defila - alla fiscalità cinese e ai falsi. Alcuni hanno anche seguito dei corsi di lingua cinese con discreto successo». Diversi infatti sono i fronti di intervento: da una parte la contraffazione, la copiatura di marchi, dallaltra gli interventi di natura fiscale sulleconomia legale.
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