"Brera diventerà il Louvre di Milano"

L’era del primo sindaco donna si apre all’insegna del massimo rigore: niente addetti stampa per i 16 componenti della giunta e costi ridotti per le segreterie. «Voglio dialogo con l’opposizione»

Bacia Letizia Moratti ma si rifiuta di farle il baciamano. Fuori moda e anche fuori luogo. «Per carità, è un signor sindaco». Vittorio Sgarbi, nel primo giorno alla Cultura, è fantasia al governo. La Biblioteca europea? «È come il Ponte sullo Stretto, non si farà mai». Il suo esordio è una pièce piena di cose talmente vere da sembrare surreali. Come la Biennale del dissenso che intende organizzare a Milano: un appuntamento a cui invitare tutti coloro che nei propri Paesi non possono parlare. «La cultura è libertà di espressione» dice l’uomo che vuole restituire a Milano respiro ampio e che vada oltre i confini della città e del Paese.
La creatività in giunta. Ma il neo assessore (che ha ottenuto di dare il via alla giunta alle dieci invece che alle nove) si è già dato da fare in attività molto concrete, a partire da un incontro romano con il ministro dei Beni culturali, Francesco Rutelli. «La Pinacoteca di Brera dovrebbe diventare una fondazione come è già successo, su mia iniziativa, al Museo Egizio di Torino». E ancora: «Brera diventerà il Louvre di Milano». Tra le altre linee programmatiche ridare centralità alla Rai. «Milano non deve essere solo una sede distaccata, ma un centro produttivo di primo piano. Progetto ancora più realistico perché il sindaco è ex presidente della tv di Stato».
Il critico diventato assessore è un vulcano di idee per rivoluzionare la faccia della città. «Io sono Cadeo» dice pirandellianamente guardando l’uomo che An ha scelto per occuparsi di panchine e non solo.
I consigli non mancano: togliere «l’inutile Mirò che sta davanti al Senato, perché se già non è un capolavoro, lì è uno sgorbio». E poi togliere aiuole e altri ostacoli visivi che sono d’intralcio all’Arco della Pace, «che architettonicamente segnala il punto di arrivo di corso Sempione e quindi deve essere aperto». Ancora: «Via le quattro palle dal prospetto della Scala». A sorpresa, difende il maltrattato monumento a Indro Montanelli: «Meglio del pisciatoio in onore di Pertini...». L’Ago e il Filo lo disturbano da dire: «Io, che sono nemico della retorica, preferirei una stele per Falcone e Borsellino». Oppure, ecco un’altra idea: «Un monumento in onore del commissario Calabresi».


Taglia corto sui rapporti con Stefano Zecchi, l’ex assessore alla Cultura pronto a diventare superconsulente ai grandi eventi culturali. Vede rischi di contrapposizione? «Non ho mai inteso il nostro rapporto in conflitto. La porta del mio assessorato sarà aperta per dargli quel che chiede».

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