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La bretella della vergogna

La bretella della vergogna

Pensavamo che dopo tanti appelli, tante battaglie per la difesa dei beni culturali ci fossero alcuni punti fermi su cui i sindaci, specialmente se civili, democratici, progressisti convenissero serenamente e virtuosamente. Ci eravamo sbagliati.Con straordinaria arroganza, e ovviamente facendo la vittima, il peggiore sindaco d'Italia, Roberto Reggi, non si rassegna. Per lui i vincoli dello Stato per preservare l'armonia dei luoghi sono soprusi di un potere centrale; così, davanti alla più bella villa del Settecento a Piacenza egli insiste. Come un animale ferito si agita, convoca d'urgenza in pieno agosto il «tavolo per la difesa del sistema democratico», invoca l'autonomia del potere locale contro la prepotenza dello Stato centralista. È stato eletto, malauguratamente, con una maggioranza di centrosinistra, ma i suoi argomenti fanno impallidire il più ostinato leghista. Adesso chiamerà a raccolta i suoi ostinati e ciechi sostenitori contro Roma padrona, chiedendo di poter decidere come vuole a casa sua.
Piacenza si avvia ad essere una repubblica indipendente e secessionista. Un ragionevole vincolo che difenda la memoria e la storia che onori i catasti napoleonici, miracolosamente corrispondenti a una realtà incontaminata, gli appare insopportabile. Ed egli avanza, senza guardare in faccia a nessuno, senza senso del ridicolo, confidando nella colpevole e piratesca protezione dei Vaciago e dei Bersani, difendendo le ragioni della inciviltà e incultura. Intanto Arturo Parisi si preoccupa della questione morale perché la Rai ha perso i diritti delle partite di calcio. Ma la questione culturale? Il territorio? Il paesaggio?
Non molto lontano da Piacenza, in Emilia, sta ritirato a pensare al suo programma Romano Prodi, nella quiete di Novellara. Vorrei chiedergli di spingersi fino a Villa Serena alla Veggioletta per sapere come giudicherebbe la bretella concupita dal sindaco Reggi. Vorrei pensarlo in quel ritiro piacentino improvvisamente violato da uno sproporzionato viadotto di cemento armato con la campagna violata nel suo silenzio antico e attraversata dalle automobili. Gliene parlerò, pensando che in lui non prevalga la solidarietà con il sindaco irriducibile. Questi è senza vergogna e vuole meritarsi fino in fondo il vessillo del peggiore sindaco d'Italia.
Sembrerebbe logico lasciarlo solo e invece pare che abbia trovato quaranta sindaci, amanti del bello, e con uno straordinario senso dello Stato, che hanno firmato con lui una lettera per il ministro Buttiglione per indurlo a recedere sul vincolo e consentire la realizzazione dell'agognata bretella. I quaranta più uno chiedono udienza perché vogliono esporre le loro ragioni al ministro spiegandogli il mio inutile fanatismo. Quaranta sindaci in gara per strappare il primato del peggiore al loro collega di Piacenza. E tutti e quaranta contro la proprietaria di una villa che l'ha restaurata e conservata per tutti come dovrebbero insegnare a scuola, come le associazioni benemerite, dal Fai a Italia Nostra alle dimore storiche, suggeriscono e mostrano. E che il Comune, invece di aiutare e sostenere, aspira a distruggere. Questa, e soltanto questa, caro Reggi, è l'arroganza del potere; non il vincolo ragionato e ponderato di un nuovo sovraintendente che viene, vede e, appunto, sovrintende. Una medaglia dovresti dare a Maria Angela Lillo, lodarla e rispettarla per ciò che ha fatto per Piacenza. Che poi avresti dovuto fare tu se fossi stato un buon sindaco e non un uomo piccolo, desideroso di far prevalere le barbare scelte della sua amministrazione distratta.

Altro che «tavolo per la difesa del sistema democratico».

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