Cronaca locale

Buon affare? Il mercato smentisce la Provincia

La giunta di Como: «Un’azione vale meno di sei euro»

Gianandrea Zagato

È ormai certo: la Serravalle è stato un cattivo affare per la sinistra. La prova? Sei euro virgola sei centesimi che il Comune di Como ha incassato per ogni azione in suo possesso ceduta alla lussemburghese Abm Merchant: due euro e 77 cents in meno di quello che Filippo Penati ha pagato a Marcellino Gavio per scalare la società autostradale. Chiaro a tutti, presidente della Provincia escluso. Il neo-tycoon della finanza continua però a sostenere il contrario.
Basta leggere la nota stampa diffusa da Palazzo Isimbardi in merito alla vendita delle azioni di Serravalle da parte dell’amministrazione comasca: «Il Comune di Como ha preferito non aspettare la quotazione in Borsa di Serravalle, ma ha ceduto le proprie azioni fissando in sei euro il prezzo di base d’asta, vendendole poi a 6,06 euro. Eppure la documentazione, ancorché incompleta, dell’advisor Lazard - incaricato da Serravalle di valutare la società - prospetta la possibilità che chi dovesse cedere le azioni della partecipata della Provincia attraverso la collocazione in Borsa potrebbe arrivare a 7 euro ad azione». Interpretazione davvero niente male. Peccato che, ancora una volta, Penati incorra in errori di troppo. Il Comune di Como - come la gran parte dei soci pubblici di Serravalle - non ha mai dichiarato di essere favorevole alla quotazione e la decisione di vendere all’asta l’un per cento della sua quota (pari all’1,2 per cento) è stata presa dal consiglio comunale dopo che Gavio aveva presentato, quattro mesi prima, un’offerta irrevocabile d’acquisto che fissava in sei euro il prezzo per ogni azione.
«Abbiamo venduto al miglior prezzo possibile di fronte a azioni che valgono meno di sei» dice il sindaco comasco, Stefano Bruni. Per l’esattezza: diciassette centesimi in più del valore indicato successivamente da Lazard che, a pagina 52 della sua relazione, segnala la possibilità di mettere sul mercato le azioni a sette euro ma solo «se sarà recuperato il cento per cento dell’inflazione sulle tariffe autostradali» e senza «tener conto dello sconto» previsto all’approdo in Borsa della società.

Ma la Provincia milanese trasformata in banca d’affari preferisce continuare a raccontare un’altra storia, che non ha niente da spartire con i buoni affari.

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