Bush: «L’Independence Day va dedicato ai nostri soldati»

Aumentate da 12mila a 100mila dollari le indennità dei morti in guerra

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Sarà un 4 di luglio un po’ speciale. Non soltanto molto patriottico (ché lo sono tutti), ma anche e specificatamente militare. George Bush ha ripetuto per la seconda volta in tre giorni il suo pressante invito ai cittadini americani di «dedicare» quest’anno la festa nazionale ai soldati: «La celebrazione dell’indipendenza è un’occasione per la nazione di esporre la bandiera per esprimere il proprio ringraziamento ai ragazzi in combattimento. Scrivetegli ai loro reparti, prendete contatti con le loro famiglie. Nel loro posto di combattimento in Afghanistan, in Irak e attorno al mondo i nostri uomini e donne in uniforme stanno portando la guerra oltremare nelle tane dei terroristi affinché noi non corriamo il rischio di doverli affrontare qui in casa».
Il presidente ha ricordato che le forze armate Usa «hanno liberato milioni di persone dall’oppressione mantenendosi fedeli al principio della Dichiarazione di Indipendenza, che sancisce che “tutti gli uomini sono creati uguali” e tutti hanno un destino di libertà. Coloro che servono oggi in uniforme stanno prendendo il loro giusto posto fra le più grandi generazioni che hanno indossato l’uniforme degli Stati Uniti. In questa ora di prova tutte le nostre truppe e i loro cari debbono sapere che il popolo americano è dietro di loro. In questo weekend del 4 di luglio chiedo a ogni cittadino di trovare un modo di ringraziarli».
Per la seconda volta in tre giorni Bush ha spiccicato l’indirizzo di un nuovo sito aperto al Pentagono a questo scopo: http://www.americaSupportsYou.mil. Ma il governo non si limita ai gesti simbolici: ha già preso e sta prendendo misure per «incoraggiare» con incentivi materiali gli arruolamenti: la «indennità di morte» da pagare alla famiglia di un caduto è salita da 12mila a 100mila dollari. Il premio di arruolamento sta per essere portato a 20mila dollari una tantum e salirà fra breve a 200mila dollari il contributo del governo per i mutui dei reduci che intendano acquistare una casa.
Gesti consistenti per i soldati e parole calorose, queste però non solo per loro. I militari sono considerati da Bush, anzi, il simbolo più sicuro attorno a cui ricompattare un’opinione pubblica inquieta, preoccupata e, per quanto riguarda l’Irak, sempre più scettica. Una sostanziosa maggioranza di americani ritiene ormai che questa guerra sia stata un errore e che inoltre essa sia stata condotta male. Una maggioranza delle medesime dimensioni, tuttavia, ritiene che, una volta dentro, l’America non possa uscire dall’Irak senza «perdere la faccia» e senza dare «il via a una sanguinosa guerra civile». Che in pratica è già in corso: anche ieri la solita catena di attentati ha fatto almeno quaranta morti o feriti vicino a un centro di addestramento per soldati e poliziotti istituito dagli Usa e dal nuovo regime iracheno.
Nelle ultime ore non si segnalano perdite americane, almeno in Irak (cresce invece in queste ore l’allarme per gli sviluppi in Afghanistan), ma lo stillicidio dei morti e dei feriti continua su medie mensili elevate. I soldati sono stanchi e nervosi. Lo dimostra il moltiplicarsi di incidenti, fra cui l’uccisione da parte di un marine del cugino dell’ambasciatore iracheno all’Onu durante il raid in un villaggio. Il governo di Bagdad chiede un’inchiesta e che «si faccia giustizia». Ragione di più perché Bush si sforzi di risollevare il morale dei soldati.

La loro fedeltà è fuor di dubbio, non così il loro entusiasmo. Un segnale curioso è venuto durante l’ultima allocuzione del presidente nella base di Fort Bragg: l’accoglienza è stata rispettosa e compita, ma Bush è stato interrotto da applausi una volta sola.

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