Bush sblocca le riserve di petrolio E sarà lui a coordinare i soccorsi

Silvia Kramar

da New York

Ieri pomeriggio Air Force One, l'aereo che riportava il presidente George Bush a Washington dal suo ranch texano, ha sorvolato a bassa quota le zone colpite dall'uragano Katrina. A bordo c'era un presidente in lacrime. Fin dall'alba di lunedì, quando Katrina si era abbattuta con forza omicida sul Golfo del Messico, Bush aveva promesso agli americani di voler prendere in mano le redini di quello ieri ha definito «il peggior disastro naturale della storia degli Stati Uniti». Appena giunto a Washington, Bush ha promesso anche di recarsi nella zona colpita dall'uragano entro fine settimana, ma il sindaco di New orleans gli ha chiesto di aspettare: «Dobbiamo far evacuare l'intera città», ha spiegato, «New Orleans è un lago».
Sotto di lui, mentre sorvolava la Luisiana, la città di New Orleans, il Mississippi e l'Alabama, Bush ha visto una terra ricoperta dall’acqua e interi paesini distrutti: esercito, polizia e guardie nazionali cercavano ancora di salvare le migliaia di persone che erano bloccate sui tetti da due giorni e le centinaia di migliaia di profughi che nell'insopportabile afa del sud sono senza acqua e senza cibo.
«Ma il peggio deve ancora venire» hanno ammesso le autorità, «Questa zona si sta trasformando in un inferno».
Air Force One ha sorvolato a bassissima quota anche lo stadio del Super Dome, dove 25,000 profughi stavano per essere trasportati, in una colonna di pullman e mezzi militari verso lo stadio Astrodome, a Houston.
«È uno spettacolo devastante» ha ammesso il presidente repubblicano che ieri pomeriggio si è poi rivolto alla nazione, promettendo di voler iniziare un'operazione di soccorso suddivisa in tre fasi: prima le massicce operazioni di salvataggio di chi si trova ancora intrappolato nelle inondazioni; poi una massiccia operazione da parte dei militari per sfamare e dissetare chi aspetta ormai da giorni e infine la lenta e penosa ricostruzione delle cittadine del Golfo colpite da Katrina. «Salveremo New Orleans» ha promesso Bush, «ma ci vorranno degli anni».
I danni subiti dal Golfo del Messico sono per ora incalcolabili: le previsioni fatte giorni fa su quei 30 miliardi di dollari di danni che Katrina avrebbe potuto causare, abbattendosi con la sua furia omicida sugli stati del Golfo del Messico, adesso appaiono superate: una goccia nel mare dell'incredibile devastazione del sud americano. Basti pensare che nei prossimi dieci giorni la Fema (Federal emergency managmente agency) invierà in Luisiana cinquecento camion carichi di ghiaccio, altrettanti carichi di acqua potabile e 350 pieni di pasti precotti. Da ieri mattina i network televisivi americani già trasmettevano, con il ritmo costante degli allarmi, gli spot della Croce Rossa e anche Bush ha chiesto agli americani di «donare contanti». George Bush senior e Bill Clinton potrebbero scendere in campo nei prossimi giorni, uno accanto all'altro, per diventare i portavoce umanitari, come avevano fatto per lo tsunamni che colpì l'Indonesia. Ma l'eco di Katrina sta arrivando nelle case americane con la paura di una profonda crisi economica iniziata quando, mercoledì, il prezzo del petrolio aveva raggiunto la cifra record di 70,65 al barile. Ieri mattina, nonostante il fatto il prezzo fosse già sceso a 69,55, dollari al barile dopo che Bush aveva annunciato di voler sbloccare parte delle riserve petrolifere alcune pompe di benzina di Atlanta e della California già vendevano benzina al prezzo record di 4 dollari e 59 centesimi, mentre il Governo votava un tetto massimo di dieci dollari al gallone.
«Dobbiamo usare le nostre riserve di petrolio.

Se non ora quando?» si è domandato il Segretario del ministero dell'energia nazionale, Samuel Bodman. Ma basterà questa mossa? Otto raffinerie della zona sono state così severamente danneggiate da non poter essere riaperte per alcuni mesi.

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