Politica

Ma c’è chi festeggia bruciando la statua del Papa

Per il falò di Ferragosto a Favara fanno un rogo con una riproduzione del Vaticano

Gaetano Ravanà

da Agrigento

Tuona la Chiesa siciliana. Tuona contro chi ha ideato, organizzato e costruito lo «spettacolo» del rogo che la scorsa notte ha distrutto la riproduzione in legno raffigurante Piazza San Pietro, con tanto di immagine in scala di Papa Benedetto XVI che si affaccia dal balcone.
A parlare per conto dei Vescovi siciliani è padre Paolo Fiasconaro, responsabile della Conferenza episcopale regionale, che ieri non ha creduto alle proprie orecchie quando è stato informato della «trovata» che a Favara avevano organizzato i rappresentanti del comitato che cura annualmente i festeggiamenti in onore della Madonna Assunta. Gli anni scorsi vennero bruciati il Colosseo, la Torre di Pisa e il Tempio della Concordia, quest’anno è toccato a Piazza San Pietro, realizzata in quaranta giorni di lavoro con legna e oltre 5000 canne. L’opera è stata ideata dall’artigiano favarese, Baldassare Alongi. Il tutto dato alle fiamme la notte di Ferragosto al culmine di una festa di paese. «È inaudito che ciò possa accadere senza che nessuno sia intervenuto per evitare una simile offesa alla cristianità. In questo modo - spiega padre Fiasconaro - si offre un pessimo esempio a chi crede in Dio. Come chiesa di Sicilia non possiamo fare altro che deplorare una simile iniziativa. Fino a quando si bruciano certi simboli allora si può anche convenire con certe motivazioni di carattere ludico, ma quando il simbolo è la figura del Santo Padre si sconfina nell’oltraggio».
La notizia di piazza San Pietro data alle fiamme nella sua riproduzione lignea ha già varcato i confini locali. Fabio Zavattaro, vaticanista della Rai, sottolinea come «serva una ferma posizione di condanna da parte dell’opinione pubblica, con la speranza che simili episodi restino circoscritti e non imitati». Non si è fatta attendere la risposta degli organizzatori, spalleggiati anche dall’arciprete. «È diventata un’usanza puntualmente rispettata - ci dice l’arciprete di Favara, don Giuseppe Veneziano - di fare un falò originale per bruciarlo la notte di Ferragosto.

Nessuna trasgressione o rapporto di contrasto tra la gente e il simbolo della cosa che si brucia».

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