Se esiste una capitale italiana del noir, è Torino. Un primato sancito dalla storia: da quel lontano 1365, in cui i sicari eretici trucidarono lInquisitore, fino alla cronaca nera dei giorni nostri, il Piemonte e il suo capoluogo sono sempre stati lo sfondo preferito dei gialli, veri e inventati. Come disse Alfred Hitchcock, «latmosfera mi pare quella giusta». Ma Torino è anche la culla della televisione: proprio lì, cinquantanni fa, è nata la Rai. Non poteva svolgersi altrove, quindi, Omicidio al Grande Fratello (Ananke, pagg. 271, euro 14,50), scritto da Manlio Bichiri e Giovanni Monaco. Come era scritto a quattro mani il più famoso dei gialli ambientati sotto la Mole, quella Donna della domenica che ha reso di colpo famosi, trentanni fa, il duo Fruttero&Lucentini e anche una certa Torino, col suo fascino discreto da Vecchia Signora.
E qualche soffio di quel profumo si ritrova anche in questo romanzo, dove però ai miti della borghesia emergente di allora - i viaggi in Grecia, i dibattiti pseudoculturali, la mania dei mercatini e lostentata nonchalance in materia di sesso - si sono sostituiti quelli ben più arrembanti del nuovo millennio, anzi quello, perché è uno solo: la tv, di cui il reality è lepitome. E se delitto devessere - come è ovvio che sia, trattandosi di un giallo - che sia in prima serata, sotto locchio delle telecamere. Fisso e inespressivo come quello artificiale che uno dei «reclusi» si strappa dallorbita in uno scherzo macabro. Locchio di vetro ruzzolante che vede ogni cosa e non vede nulla.
A differenza del lettore, che invece di indizi da osservare con attenzione ne troverà fin dallinizio. Anche perché gli autori conoscono il mestiere e hanno alle spalle buone letture: Omicidio al Grande Fratello, infatti, è anche un godibilissimo puzzle di citazioni dellepoca doro del giallo. I nomi, per cominciare: come Filo Vanci, pseudonimo del giornalista-detective, immancabile in un noir che si rispetti, per non parlare di Ellery Queen, evocato insieme ai suoi (due, tanto per cambiare) autori. E le situazioni: niente di meglio della casa del Grande Fratello per ricreare la camera chiusa cara a John Dickson Carr, e gli assassini a catena fanno irresistibilmente pensare ai Dieci piccoli indiani di Agatha Christie.
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