C’è tutto il senso della vita nelle parole del papà di Alice sulla morte

(...) alla vigilia del funerale della bambina, con parole riportate in quei giorni anche dal Secolo XIX. Una lettera bellissima, che mi sono portato dietro tutta l’estate, che parte dalla sensazione di inadeguatezza della famiglia della bimba per aver lasciato la sveglia smontata con la pila sul suo comodino, accanto al lettino di Alice.
Alice di quella sveglia era innamorata e la inseguiva in ogni modo, arrampicandosi sul lettone e sul comodino di papà, per giocarci, smontandola regolarmente: «A un certo punto, sconfitto, decisi di lasciarla lì, smontata. Naturalmente il futuro di quella sveglia sarà quella di restare in due pezzi e senza batterie».
Il resto è struggente, il racconto di come amiamo i nostri figli: «Cercavamo di non ostacolare la sua voglia di avventura, a parte quando decideva di usare come base d’appoggio per la scalata qualche inquietante struttura da lei formata poggiando seggiolini di plastica sopra il suo camioncino dalle ruote scivolosissime. (...) Sotto il martellante incitamento del fratellone Davide e della sorellina Isabella, aveva pure iniziato a praticare sport estremi, quali il salto dalle sedie alte di casa e le capriole sul duro parquet».
Papà Alberto, anche nel dramma, riesce a non disperdere il sorriso dei bambini. E pare di vederla Alice, con la sua tutina rosa, con i suoi occhi bellissimi e vivi, con la sua frangetta scapigliata, con il suo sguardo curioso della curiosità che solo i bimbi di venti mesi riescono ad avere. Perchè papà la fa rivivere con le più belle delle parole, raccontando le evoluzioni di Alice e la sua passione per il gioco della cornetta «con oggetti di fortuna al posto del telefono, ma che per lei dovevano necessariamente appoggiati all’orecchio sennò, è logico, che telefonata sarebbe stata?».
La lettera di papà è un crescendo di bellezza e di dolcezza, qualcosa che ogni parola in più rischierebbe di sporcare: «Amava guardare il cielo e urlava di gioia ogni volta che scorgeva un gruppo di uccelli o la scia di un aereo lontano. Spesso la sera, se piangeva per il sonno o per i capricci, la portavamo sul terrazzo e lei taceva immediatamente, incantata dall’immagine della luna, luna che riusciva a catturare anche quando è difficile scorgerla nel cielo di una giornata di sole.

Quel cielo che tanto l’attirava, ormai, lo ha sicuramente conquistato e, ora, in braccio a Gesù e alla Madonna, potrà finalmente sfiorare con un dito la sua luna e le scie dei suoi aerei».
Con una famiglia così, con parole così, Alice rivive ogni giorno. Grazie, papà Alberto. Parlando della più ingiusta e crudele delle morti, hai raccontato la vita.

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