Il Caimano e il cavallo di Troia

Vittorio Mathieu

Il caimano non è il solo animale a cui sia stato paragonato Berlusconi: c’è anche il cavallo, il «cavallo di Troia», in un film che non è arrivato nelle sale (è rimasto in dvd), in cui il cavallo di Troia campeggia di continuo sullo sfondo. Autore Enrico Deaglio, coadiuvato da Beppe Cremagnani e da Lella Costa, che legge Pinocchio.
Al contrario del caimano, il cavallo ha un’apparenza bonaria. Il pericolo non deriva dalla ferocia, ma da un inganno. E questo, nella politica d’oggi, è molto più frequente. Di qui innumerevoli applicazioni del mito omerico a situazioni attuali. James Joyce aveva già paragonato al cavallo di Troia il Lenin rimpatriato in Russia dai tedeschi nel 1917. Maria Calderoni (Liberazione, 15 ottobre 2005) dice di Follini che è «un po’ cavallo di Troia, un po’ Sancho Panza». Secondo Oriana Fallaci l’Europa sta aprendo le porte al «cavallo di legno islamico». Per P.J. Buchanan «il cavallo di Troia della tirannide planetaria» è la massoneria. «Cavallo di Troia nella socialdemocrazia» è stato definito il partito comunista australiano da David McKnight. E via di questo passo.
Deaglio è molto fiero della sua immagine. Sostiene che è un ritratto somigliante del Cavaliere, che a prima vista non ha nulla di minaccioso, ma, appunto per questo, potrebbe distruggere dall’interno la rocca di Ilio della politica italiana. E pensa che il suo dvd, riprodotto in centinaia di migliaia di copie, potrebbe decidere le elezioni italiane, al contrario del film di Michael Moore, che non influì sulle elezioni americane.
Del cavallo di Troia, però, è possibile anche un’altra interpretazione. La caduta di Ilio, infatti, provocò l’emigrazione di Enea con il padre Anchise e il figlio Julio, da cui venne addirittura Roma. E infatti, nel momento in cui sorgeva l’impero romano, Virgilio provvide a romanizzare» il mito del cavallo, nell’Eneide. Scriveva su commissione di Augusto, che pretendeva di discendere lui stesso da Enea. Questo aspetto del mito è stato illustrato da Riccardo Sanchini in un seminario su Il mostro e il sacro, organizzato dal Dipartimento di studi storico-religiosi dell’Università di Roma «La Sapienza».
Il cavallo di Troia è un monstrum nel significato etimologico di «prodigio», perché è qualcosa di mezzo tra un veicolo trainato e un automa che si muove da sé. Il suo vero progettista è Athena, la dea dell’intelligenza armata, di cui Ulisse è il fiduciario nel mondo degli uomini. Anzi, il cavallo è ancor più che un automa: è qualcosa di simile a un vivente, e questo accentua il suo carattere «mostruoso». Quando i guerrieri achei escono dal suo ventre, Omero designa il cavallo con il termine lochos, che in greco ha due accezioni apparentemente lontanissime tra loro, l’«agguato» e il «parto» (mediate, evidentemente, dal significato comune di «nascondiglio»). Quindi, in certo senso, il cavallo non si limita a lasciar uscire i guerrieri, ma li genera e li partorisce.
Nei poemi omerici il mondo della storia, fatto dagli uomini, si fonde col mondo del mito, in cui agiscono gli dei: il mito diviene allusione o, come diceva il Vico, «favola vera». In Virgilio questa fusione tra naturale e sovrannaturale non è solo un indulgere verso un genere letterario: è un’interpretazione dell’essenza stessa di Roma, città eterna perché prodotto, al tempo stesso, di nefandezza umana (inganno, violenza, fratricidio) e di un provvedere divino, che il cristianesimo non esiterà ad assimilare alla provvidenza del Dio del Testamento (o «alleanza» che dir si voglia, tra Dio e gli uomini). Di qui la fortuna di Virgilio in tutto il medioevo, pervaso di spirito agostiniano. Nella Commedia di Dante, Virgilio è il simbolo della ragione umana, ma è assegnato a Dante come guida dalla Provvidenza in persona, verso una salvezza che trascende, senza tradirla, la ragione. E Dante concorda perfettamente con Virgilio nel giudicare provvidenziale «l’agguato del caval, che fé la porta onde uscì dei romani il gentil seme» (Inferno, XXVI, 59-60).
Sarebbe ridicolo assimilare ciò che avvenne, secondo Virgilio, quando nacque l’impero romano.

Ma il richiamo al cavallo, così frequente nella propaganda ormai conclusa per queste elezioni, visto con gli occhi di Sanchini potrebbe divenire un’allegoria: la rocca dei poteri forti italiani espugnata, non da un cavallo che partorisce guerrieri, ma da un Cavaliere del Lavoro (dunque, senza cavallo) che ha violato le porte Scee della politica italiana.

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