Cala l’affluenza e nelle urne sale l’incertezza

Alle provinciali il ribasso è di 25,5 punti rispetto al 2001, quando però si è votato in un giorno

Giannino della Frattina

da Milano

Ha votato ieri pomeriggio di ritorno dalla Sardegna, come molti milanesi reduci dal weekend. In oltre un milione chiamati a scegliere il sindaco che dovrà succedere a Gabriele Albertini. Silvio Berlusconi dribbla giornalisti e fotografi e sceglie un seggio vicino all’aeroporto di Linate per mettere la croce sul nome della candidata sindaco, Letizia Moratti. «Capisco la difficoltà di mia mamma» dice prima di andare via dopo aver piegato la scheda lunga 99 centimetri con dieci candidati sindaco e 34 liste. Scherza con una signora di 99 anni, poi con una militante azzurra esprime amarezza per i risultati delle politiche: «È deludente pensare che il 50 per cento degli italiani è stato pronto a votare a sinistra».
Moratti è la favorita, ma l’affluenza ancora non altissima lascia sperare il centrosinistra che punta al ballottaggio per l’ex prefetto Bruno Ferrante. Il 9 e 10 aprile alle politiche il centrodestra ha vinto 52,8 a 46,8. Un margine che alimenta l’ottimismo dei partiti della Cdl e in più l’ex ministro ha fatto una campagna a stretto contatto con la gente che le ha guadagnato consensi. Anche ieri donna Letizia non ha nascosto di essere molto coinvolta nella battaglia. È andata a votare a piedi, mano nella mano del marito Gianmarco, nel centralissimo seggio di via della Spiga. Una sguardo alla borsa e si accorge di aver lasciato a casa la carta d’identità. «Di solito non sono così distratta, ma oggi l’emozione è davvero molto forte» si scusa sorridendo. Poi scherza col marito: «Per favore, non fare commenti». Dopo il voto in Duomo, alla messa officiata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. La comunione e poi il resto della giornata in famiglia, con i genitori e con i figli. «Ho sempre avuto il loro sostegno. Mi ha dato grande forza», spiega. E assicura di non essersi mai pentita della scelta di correre da sindaco di Milano: «Ero indecisa, è stato molto faticoso, ma sono soddisfatta perché è stato tutto molto bello».
Mezz’ora dopo le dieci vota anche Bruno Ferrante a braccetto della moglie in tailleur ecru. Lui indossa un completo due bottoni avana, con cravatta marrone e fazzoletto nel taschino con bordi in tinta. Ad aspettarlo al seggio numero 93 della scuola di via Corridoni, i rappresentanti della comunità filippina. Arrivati nei quartieri alti, dove abita e vota l’ex prefetto. «I filippini sono una straordinaria comunità che lavora a Milano con grande serietà», assicura Ferrante non dimenticando l’assist che gli ha regalato alla vigilia del voto l’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi chiedendo per gli extracomunitari voto, casa e incarichi pubblici. Pari pari un capitoletto del programma di Ferrante, riportato dal porporato che si fa scudo con il Vangelo. E che provoca la prevedibile irritazione del centrodestra. «Le critiche a Tettamanzi - gli fa scudo Ferrante - sono un atto volgare. Il cardinale ha ribadito in più occasioni l’importanza del diritto di voto per gli immigrati. Sono convinto che la nuova amministrazione comunale debba concedere il voto agli immigrati e per farlo nei consigli di zona basta modificare lo statuto comunale.

Se li escludiamo, gli extracomunitari si sentirebbero esclusi. Potrebbero protestare e far nascere conflitti». Il voto, insomma, in cambio della pace sociale. «Arriva con il codazzo», sbotta una divisa che probabilmente non ricorda con nostalgia il suo passato da prefetto.

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