Calabria: Why Not, assolto il governatore Loiero

Il presidente della Regione, e ri-candidato dal Pd alle prossime elezioni, assolto dal gup di Catanzaro per il processo Why Not. L'accusa era abuso d'ufficio. Assolto anche l'ex presidente di centrodestra Chiaravallotti. Due anni all'imprenditore Saladino

Calabria: Why Not, assolto il governatore Loiero

Catanzaro - Assolto il governatore. Il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, è stato assolto dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Catanzaro nell’ambito del procedimento Why Not. I sostituti procuratori generali Massimo Lia e Eugenio Facciolla avevano chiesto la condanna di Loiero a un anno e sei mesi di reclusione per abuso d’ufficio. Gli stessi magistrati avevano chiesto, invece, l’assoluzione, per non avere commesso il fatto, di Loiero per l’accusa di corruzione.

Assolto anche Chiaravallotti L’ex presidente Giuseppe Chiaravalloti (centrodestra), imputato nel processo Why not relativo a presunte irregolarità nella gestione di fondi pubblici, è stato assolto dal gup Abigail Mellce. La sentenza è stata emessa alle 16,30 al termine dei giudizi abbreviati. La procura generale di Catanzaro aveva chiesto la condanna dell'ex governatore a due anni e due mesi per diverse ipotesi di abuso. Il magistrato ha deciso l’assoluzione totale.

Soddisfazione di Loiero "Finalmente è finito questo calvario". Questo il primo commento del presidente della Regione Calabria Loiero, alla decisione sul procedimento Why Not. Loiero è stato assolto per non aver commesso il fatto. La notizia è stata data a Loiero dal suo portavoce, Pantaleone Sergi, e dal suo avvocato, Nicola Cantafora.

Due anni a Saladino Due anni di carcere per Antonio Saladino: è la pena decisa dal gup del tribunale di Catanzaro a conclusione del giudizio abbreviato per il principale imputato dell’inchiesta Why Not. Saladino è stato ritenuto colpevole di abuso d’ufficio ed è stato assolto dalle accuse di associazione per delinquere, truffa, frode nelle pubbliche forniture e da altre contestazioni nell’ambito del procedimento avviato a suo tempo dalll’allora pm Luigi de Magistris. La procura generale, che aveva poi avocato l’indagine, aveva chiesto per lui una condanna a 4 anni e mezzo di reclusione. Saladino era considerato al centro del sistema di presunte illegalità ipotizzato dalla magistratura inquirente.

La testimone è imputata Caterina Merante, testimone chiave dell’inchiesta Why Not, è stata rinviata a giudizio dal gup per rispondere dell’unico capo d’accusa contestatole: una contravvenzione alle leggi in materia di lavoro. Il processo per lei e per le altre 26 persone rinviate a giudizio, avrà inizio il 9 giugno col rito ordinario, davanti al tribunale collegiale di Catanzaro. Sempre per quanto riguarda Merante, il giudice ha rinviato alla procura gli atti relativi ad alcuni capi d’accusa che non le erano stati contestati, affinché si verifichino eventuali profili di responsabilità a suo carico. La Merante, principale collaboratrice di Antonio Saladino, già presidente della Compagnia delle Opere in Calabria, dopo molti anni di lavoro nelle società dell’imprenditore lametino, aveva deciso di lasciare il suo posto e di rendere la propria testimonianza alla procura della Repubblica denunciando un sistema di illegalità che sarebbe ruotato intorno a Saladino e avrebbe coinvolto numerosi esponenti delle istituzioni, calabresi e romane. Nelle diverse fasi delle indagini, avviate dal pm De Magistris, erano stati iscritti nel registro degli indagati, per poi uscire definitivamente dall’inchiesta con un’archiviazione, l’ex premier Romano Prodi e l’ex ministro Guardasigilli Clemente Mastella.

Al termine dell’udienza, merante ha dichiarato di non avere "alcuna preoccupazione per il rinvio degli atti alla procura, perché - ha spiegato - ora ho la possibilità di difendermi pienamente affinchè non resti alcuna ombra sul mio operato. Ho testimoniato in questa inchiesta - ha aggiunto - solo perché l’ho ritenuto un dovere di giustizia".

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