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Mbappé ignora Macron a fine partita: il fastidio dell’asso francese

Il presidente scende in campo per consolarlo, dopo la bruciante sconfitta in finale, ma il tempismo è assolutamente sbagliato

Mbappé ignora Macron a fine partita: il fastidio dell’asso francese

Lo vede seduto per terra, desolato, lo sguardo perso nel vuoto. Non sono bastate una tripletta ed una prestazione fenomenale, a Kylian Mbappé, per sollevare un’altra coppa del mondo. Così il presidente francese Emmanuel Macron gli si avvicina, per sussurrargli parole di conforto. Siamo nella coda, terribile per i transalpini, della finale mondiale. Tutto intorno esplode la festa argentina. Rimettere in piedi una partita che pareva segnata, ripetutamente, sempre ad un passo dall’epilogo: uno di quei pezzi di prestigio che riescono soltanto ai purosangue come il dieci bleu. Così però la sconfitta ai rigori lascia lividi ancora più profondi, perché quando resusciti tre volte il minimo è aspettarsi di averla sfangata.

Invece nulla. Il secondo Mondiale consecutivo – il primo lo aveva già vinto da imberbe, quattro anni fa – è un sogno agitato troppo lungo, che si sbriciola su un tappeto erboso qatariota. Macron si lavora in fretta i gradini della tribuna d’onore: durante il match si è tolto la giacca, ha sudato, ha gridato forsennatamente. Non è bastato. Quello che può fare adesso è consolare, pensa. Gli va male con Deschamps, che lo ignora bellamente. Gli va pure peggio con Mbappé. Le immagini ritraggono chiaramente il presidente che si produce in un fitto discorso al campione, ma quello resta rannicchiato a terra, senza nemmeno guardarlo.

Macron consola Mbappé

Poi Kylian si alza, prova a mettere insieme qualche passo incerto, ma si vede che con la testa è già altrove. Troppo dura la botta inferta dal destino. Troppo sanguinoso il duello con il compagno di club Messi. È visibilmente devastato e, come chiunque in un frangente del genere, vorrebbe soltanto essere lasciato in pace. La tristezza è un incendio che divampa interiormente e, nei momenti immediatamente successivi alla scintilla, richiede talento e calma per poter essere domata, elaborata. Macron però, in buona fede, pensa che una parola avvolgente possa lenire il dolore che trafigge l’astro più iridescente della Francia calcistica.

Nulla di più sbagliato. Mbappé non gli risponde mai. L’espressione è dura, tirata. A tratti, pare che trovi Macron una petulante scocciatura. Continua a camminare dritto, la bocca contratta in una smorfia, i muscoli facciali rigidi. Il presidente lo insegue per il campo, senza sortire il risultato sperato. Il suo impasto di parole consolatorie, al contrario, diventa un grumo di spilli che crivella ulteriormente l’anima del talento. "Gli ho detto – rivela più tardi Macron – che è stato un grande e che si rifarà. Ha già vinto un Mondiale ed ha soltanto ventitre anni: c’è tutto il tempo". Intenzioni certamente lodevoli, ma tempismo sicuramente cannato.

Macron e Mbappé

Perdere una finale dei Mondiali è già un dramma sportivo. Uscire sconfitti in quel modo aggrava la portata della tragedia pallonara. È una faccenda che azzera le gerarchie e spiana le formalità: potresti essere un Papa, un sovrano oppure, appunto, il presidente della Repubblica francese. Non importa: quando ci si sente squassati e affranti, i grovigli di parole peggiorano la situazione. Meglio sarebbe stato darsi all’ermetismo: un “Mercì, Kylian”, sarebbe stato più ragionevole.

L’irritazione di Mbappé in mondovisione è una pastiglia amara ma necessaria: anche se guidi una nazione, non smetti mai di imparare.

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