
Puoi essere stato anche il calciatore più bravo e famoso del mondo, ma nel momento in cui la celebrità è sprofondata nel pozzo dell’”anonimato” possono lasciarti morire come l’ultimo dei clochard. “Dimenticato” da tutti e in bali di un manipolo di pseudo medici che dovrebbero essere i tuoi salvatori, non certo i tuoi carnefici. E’ questa la triste morale che e’ emersa fin dalle prime battute dal processo alla banda sanitaria che aveva in cura (si fa per dire) Armando Maradona e che invece lo ha fatto morire dopo giorni di agonia. Non in ospedale, ma in un lurido appartamento dove Diego e’ spirato fra attivi sofferenze. Senza che nessuno vedesse, intervenisse, facesse qualcosa per stoppare quella tortura. Dov’erano i familiari? Gli amici? I tanti “collaboratori” che arricchitisi alle sue spalle? E dov’era la stampa che per una vita ha seguito passo passo le vicende del Pibe de oro? Spariti. Loro oggi non sono imputati in un processo giudiziario, ma il tribunale della dignità tradita li ha già condannati. Facendo emergere crudelmente l’infamità del finto amore nei confronti di un campione esaltato solo nel momento della gloria. E trattato come un barbone quando la malattia lo ha catturato. Era accaduto anche ai tempi del suo arresto per droga, ma mai con questa virulenza. Ma se ai tempi della cocaina Maradona poteva essere ritenuto “colpevole” di qualcosa (la sua dipendenza dalla droga), nel caso della malattia a decidere per lui era stato il destino. Lui era innocente. Una vittima che avrebbe avuto diritto a cure, amore e solidarietà. Come spetta a chiunque si trovi in un ospedale. Per Diego invece, nel suo ultimo tratto di via crucis, neanche una clinica, nessuna carezza, solo gli orribili selfie di medici con inquietanti ghigni sulle labbra. E a ogni udienza del processo l’umanità infame del clan Maradona tocca abissi sempre più neri. Ora è la volta dei medici che si accusano reciprocamente: “Maradona era in vostro ostaggio, impedendoci di farcelo vedere”, “No, eravate voi a tenere Diego prigioniero, vietandoci l’ingresso a casa sua”.
In realtà una specie di stamberga (“Quando andavamo a trovarlo c’era sporcizia ovunque e una terribile puzza di urina”, la drammatica testimonianza delle figlie e della moglie). Peccato che poi si siano girate dall’altra parte. Come se nulla fosse.