Cambiata l’ora del delitto per accusare Stasi

Un processo al fotofinish. Dove la gara è per la vita. Questione di tempi, di mosse, di orari e di millimetri. Qui si gioca la partita di Alberto Stasi, la sua innocenza o la colpevolezza. A che ora fu uccisa Chiara Poggi quel 13 agosto 2007 a Garlasco? Quanto impiegò l’assassino a compiere la sua mattanza? Come agì? E poi: perché?
Finora non si è trovato un movente degno di tal nome e tantomeno uno straccio di confessione. Solo sospetti, forse qualche bugia, di certo tante verità diverse. Decine di perizie non le hanno rivelate, persino i medici non sono riusciti a mettersi d’accordo esaminando il cadavere di quella ragazza ventiseiennne martoriata a botte in testa.
Sul banco degli imputati a due anni e mezzo di distanza siede il fidanzato della vittima. Il colpevole, secondo l’accusa.
Ci sono «indizi chiari e inequivocabili contro Stasi», attacca nella sua requisitoria il pm di Vigevano Rosa Muscio. Che chiede trent’anni di carcere. Come a Cogne, come a Perugia in aula si scontrano tesi opposte, perizie inconciliabili, ricostruzioni parziali. Fosse un film si chiamerebbe Sliding doors.
La pm della Procura di Vigevano, in mancanza di dati oggettivi, è costretta a «ridefinire» l’orario della morte di Chiara. Non più tra le 9 e le 11 del mattino (come si ipotizzava fino adesso) ma tra le 12 e 46 e le 13 e 30. Esattamente l’arco di tempo in cui Alberto, il sospettato, risulta privo di alibi. Erano le 12 e 20 quando quel giorno il laureando bocconiano spense il computer a casa sua e quindi telefonò, senza ottenere risposta, alla ragazza. Soprattutto un arco di tempo che spiegherebbe l'impossibilità per Alberto di non sporcarsi le scarpe quando - come sostiene - trovò il cadavere della fidanzata riverso sulle scale della taverna: le macchie di sangue sul pavimento di casa Poggi erano ancora fresche.
«L’imputato ha avuto tutto il tempo per ammazzare Chiara, lavarsi e scappare», sostiene l’accusa che individua il movente in una presunta lite avvenuta la sera prima del delitto. Secondo il pm, le nuove perizie disposte dal gup Stefano Vitelli il 9 aprile scorso per chiarire i troppi punti oscuri della vicenda non avrebbero portato elementi nuovi e decisivi, a parte quella effettuata sul computer di Stasi. Un clic che ha costretto il pubblico ministero a posticipare l’orario del delitto per poter accusare l’indagato. Ma non a cambiare idea. Il «nuovo orario della morte» consentirebbe anche di «cancellare la testimonianza di una vicina di casa Poggi che ha sempre sostenuto di avere visto una bici, mai identificata, davanti alla villetta di via Pascoli intorno alle 9.
La parte civile, ovvero il rappresentante della famiglia, non lavora di sponda. L’avvocato Gianluigi Tizzoni, seppur puntando l’indice contro Alberto, colloca l’ora dell’omicidio tra le 9.10 e le 9.36. Poi punta sulle «lacune e le contraddizioni» nelle quali sarebbe caduto Stasi nelle sue testimonianze. Secondo lui sarebbero contraddittorie le dichiarazioni rese dal ragazzo soprattutto riguardo al fatto che la sera prima dell’omicidio sarebbe tornato a casa di Chiara dopo un breve passaggio nella propria abitazione per accudire il cane, ma senza trascorrere la notte nella villetta di via Pascoli.


Quanto alle telefonate fatte dall’ex bocconiano a Chiara quel 13 agosto, secondo Tizzoni non «si trattava di chiamate finalizzate a interessarsi della ragazza, ma servivano a crearsi un alibi». Insomma la «messa in scena» del killer. E conclude chiedendo per i Poggi un risarcimento di 10 milioni di euro.

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