Campi nomadi, quattro città sotto assedio

Milano, Bologna, Roma e Napoli chiedono rigore e legalità contro le «zone franche» del popolo rom. I sindaci chiedono uomini e mezzi per affrontare l'emergenza

Forse per eccesso di zelo, o per pudore, li hanno già battezzati «villaggi della solidarietà»: saranno quattro, fuori Roma, oltre il Raccordo anulare. Fatto sta che entro un anno i rom verranno sloggiati dalla città. Per non far più danni, come si augurano in tanti. A cominciare da Isabella Bertolini, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, che invoca la «fine del buonismo e del pressapochismo del governo Prodi, perché gli italiani, ormai terrorizzati, chiedono rigore e legalità». O per «decoro», per dirla col ministro dell’Interno Amato, che ieri ha sottoscritto il patto sulla sicurezza, con improvvisa accelerazione sull’onda di polemiche inarrestabili, assieme al prefetto di Roma, Serra, al sindaco Veltroni e ai presidenti di Regione e Provincia. Insediamenti attrezzati per ospitare mille-millecinquecento persone. Che costeranno un sacco di quattrini. Almeno tre milioni a campo. In compenso, assicurano in Campidoglio, «la città verrà completamente liberata, dopodiché interverremo sugli accampamenti abusivi, anche se per la bonifica ci vorranno altri due milioni di euro». Rassicurati? Soddisfatti? Per nulla, a giudicare dalle prime reazioni. «Gli ennesimi episodi criminali di queste ore hanno riportato l’attenzione su quelle che sono delle vere e proprie polveriere a cielo aperto: i campi nomadi», attacca il senatore della Margherita Luigi Lusi. Poi aggiunge: «È giusto creare villaggi rom fuori dalle città per ragioni di igiene e decoro urbano, però è altrettanto importante ricordare che la legge è uguale per tutti. I campi nomadi non sono zone franche». Da Roma a Milano la storia si legge in fotocopia. I rom del campo di via Triboniano stanno scemando pian piano perché il Comune si è impegnato nella riqualificazione della zona più degradata della città, ma le parole del vicesindaco Riccardo De Corato hanno fotografato di recente una situzione drammatica: «Milano sta facendo tutto quello che può: avevamo già speso un milione di euro per il primo campo di via Triboniano. Adesso ne stiamo stanziando 500mila per il secondo, e non dimentichiamoci del terzo al quale provvederà la Provincia. A chi parla d’integrazione rispondo che per integrare ci vogliono milioni e milioni di euro. A chi li deve togliere il Comune di Milano? Agli anziani? Ai disabili? E intanto abbiamo dai 4 ai 6mila nomadi, dai 60 agli 80mila clandestini. Tutto questo in una città che ha 11 campi rom autorizzati, 27 baraccopoli, 26 vie con stazionamenti di nomadi, 21 aree e 72 edifici dismessi, zeppi di degrado». In compenso a Napoli e dintorni gli insediamenti rom sono solo un’emergenza in più tra le mille emergenze. L’arresto di Franko Hadzovic nel campo di Giugliano non si può non associare agli episodi di violenza che ruotano attorno ai campi di Caivano, Torre del Greco, Ercolano e nell’area vesuviana dove si concentrano centinaia di irregolari. E a quelli, praticamente in piena città: Ponticelli, Pianura, San Carlo all’Arena, Poggioreale e Scampia.


Ed è stato d’allarme anche a Bologna dove, al di là del «buonismo», se è vero che le ruspe sono entrate in azione per sgomberare il campo rom di via Gobetti, dove erano concentrate circa duecento persone di origine romena, è altrettanto vero che nel censimento del degrado stilato da opere pie e assistenti sociali figurano insediamenti a rischio nei quartieri di Navile, San Donato, Savena e Borgo Panigale, come a Calderara di Reno, Budrio, Granarolo dell’Emilia e Castel Maggiore, proprio alle porte della città.

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