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Campi: "Pdl penalizzato dal patto col Carroccio"

Dopo il voto il direttore scientifico di Farefuturo: "L'elettorato di centrodestra si è riconosciuto nel Pdl". Ma avverte: "Essendo un partito a vocazione nazionale può collaborare con la Lega, ma non deve subirne le impostazioni" 

Campi: "Pdl penalizzato 
dal patto col Carroccio"

Milano - Dopo aver banchettato alle elezioni europee e amministrative il Pdl torna a capo chino sugli affari pubblici e guarda con fiducia al futuro del proprio partito. Il centrosinistra ha provato a minimizzare la vittoria, il segretario democratico Dario Franceschini ha addirittura parlato di "sconfitta" e il sempre-vivo Massimo D'Alema ha dato del "leader dimezzato" al Cavaliere. Tutto inutile. Il centrodestra ha fatto spallucce e ha ripreso a lavorare. Qualcosa di diverso nell'aria, tuttavia, c'è. E non si può negare.

"Il problema vero è che il Pdl, come partito, non è ancora entrato nella sua piena capacità operativa". Alessandro Campi, professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Perugia e direttore scientifico di Farefuturo (la fondazione voluta da Gianfranco Fini) è pienamente certo del lavoro portato avanti dal presidente Berlusconi e - soprattutto - della presa che questo ha avuto sull'elettorato di centrodestra. Ma storce il naso su questo partito "giovane" che manca ancora di struttura. Eppure, dopo il risultato uscito dalle urne, due conti bisogna farli.

Come cambia la geografia del Pdl dopo il voto?
"Per quanto riguarda il voto europeo, bisogna registrare per prima cosa il calo dell’affluenza al Sud che è la vera causa dei punti percentuali che sono mancati al Pdl rispetto alle passate elezioni politiche. Ragionando sulle motivazioni di questo calo di affluenza sono convinto che si debba considerare il fatto che, per tante ragioni, sia dovuto dal fatto che il Sud si è sentito abbandonato."

Ma come? Dopo la tempestiva risoluzione dell’emergenza rifiuti? Dopo gli aiuti all’Abruzzo?
"Il non voto ha un significato politico che indica una qualche insofferenza. Un malessere che è, secondo me, legato alle vicende in cui Berlusconi è stato coinvolto nell’ultimo mese e che potrebbero aver lasciato un po’ di amaro in bocca nell’elettorato del centrodestra. E’ infatti indicativo che, in Meridione, la Regione in cui il Pdl ha ottenuto il risultato migliore è stato appunto la Campania."

I rifiuti hanno ripagato?
"In questa Regione il Pdl ci ha messo anima e corpo, Berlusconi si è giocato la faccia, il risultato è stato ottimo. Invece, in Regioni come Sicilia, Calabria e Puglia il partito è mancato accentuando così la propria matrice nordista."

Invece, all’interno del partito, come cambiano gli equilibri?
"Il problema vero è che il Pdl, come partito, non è ancora entrato nella sua piena capacità operativa."

Cioè?
"E’ come una macchina che non si è ancora messa in moto come, invece, dovrebbe. E’ giustificabile perché il Pdl è nato da poco. Tuttavia, in queste elezioni il partito è mancato: Berlusconi ha ragione quando lamenta di esser stato lasciato da solo. Si tratta di capire chi avrebbe dovuto sostenere il presidente nella sua campagna elettorale."

E chi avrebbe dovuto farlo?
"Secondo me il partito. Un partito che, però, sia una macchina che marcia a pieno regime e che sia ben radicata sul territorio. Il Pdl ha dimostrato, invece, di non avere ancora capacità operativa."

Sul territorio ha funzionato meglio la Lega…
"Ovviamente."

Questo successo del Carroccio sposterà all’interno del Pdl il baricentro politico?
"Questo è già successo. Ed è uno spostamento che non penalizza la corrente di An, ma che penalizza il Pdl in quanto tale. E’ stato un errore l’aver stretto un accordo così vincolante e così stretto con la Lega – tra l’altro in presenza di un successo elettorale che, se analizzato correttamente, è meno eclatante di quello che sembra. La Lega non è cresciuta nei voti, ha semplicemente mantenuto i suoi. E’ stato, invece, il Pdl a perderli. Bisognerebbe, quindi, ragionare con maggiore freddezza ché pensare che la Lega ha stravinto…"

Beh, la Lega è cresciuta di due punti percentuali: non è poco.
"I punti percentuali vanno sempre calcolati sulla base dei voti. Nei consensi assoluti la Lega è aumentata di soli 100mila punti, che percentualmente hanno contato maggiormente a fronte di un milione e mezzo di elettori Pdl che non sono andati a votare – non è che hanno votato altri partiti, non sono proprio andati a votare."

Voti a parte: l’accordo, comunque, c’è stato.
"Al di là del voto non bisogna consegnare il partito, armi e bagagli, nelle mani della Lega. Il Pdl è un grande partito a vocazione nazionale che può, senz’altro, avere un rapporto di stretta collaborazione col Carroccio, ma senza subirne le impostazioni. Spesso il Pdl dimostra di non avere autonomia decisionale. Molti elettori hanno l’impressione che il centrodestra combatta con la Lega le battaglie della Lega… e questo fa sì che esista un problema di posizionamento della centrodestra rispetto alla Lega. E qui non si tratta – ripeto – il sacrificare la componente di An a vantaggio dei padani, significa sacrificare il Pdl in quanto tale."

Le posizioni di Fini sembrano sempre più smarcate: è ancora il presidente della Camera il referente politico di Alleanza nazionale?
"Alleanza nazionale non esiste più. E, per quanto riguarda Fini, l’ex leader di An ha detto sin dal congresso di non voler esser il referente di alcuna corrente politica interna al Pdl. Insomma, ha escluso di potersi mettere a capo di una minoranza politica e ha riconosciuto che le proprie posizioni culturali possano essere di minoranza."

Morta An, l’elettorato più di destra dove si riconosce maggiormente?
"L’elettorato di destra si riconosce nel Pdl. Infatti i voti che sono andati via dal Pdl non è stata una perdita dovuta ad An, sono piuttosto quelli degli ex elettori di Forza Italia. Se, a queste elezioni, Forza Italia fosse andata da sola e non come Pdl avrebbe avuto un’emorragia consistente. I voti non presi al Centro e Sud Italia sono tutti voti (mancati) di Forza Italia. Gli ex elettori di An sono stati molto più fedeli di quanto non lo siano stati gli ex elettori di Forza Italia."

Alternative?
"Non c’è un’alternativa a destra del Pdl. I partitini che si sono presentati alle elezioni non hanno ottenuto alcun risultato particolarmente interessante e significativo. La destra guarda ormai al Pdl in maniera convinta: non ci sono state scissioni né malumori."

Guardando più all’aspetto politico-culturale ci sono all’interno del partito nuove generazioni capaci di portare nuove idee?
"Ci sono eccome. Le esperienze giovanili sono sempre state forti sia in Forza Italia sia in Alleanza nazionale. Per questo che spero che la fusione dei due partiti non uccida la capacità movimentista che c’è sempre stata. E’ necessario e fondamentale che i giovani si organizzino e si facciano sentire."

In che modo?
"Innanzitutto facciano i giovani. Anche nel modo di vestire: non imitino i 'vecchi' come spesso capita nel centrodestra. Facciano piuttosto sentire la loro voce in maniera originale e a tratti anticonformista. Siano anche provocatori. Il fatto che il Pdl non funzioni a pieno regime non possiamo sapere come saranno i giovani… d’altra parte non sappiamo nemmeno come sono i grandi del Pdl. Finché si trova soltanto di una sigla, ogni discorso rischia di lasciare il tempo che trova."

Prima o poi, però, bisognerà anche parlare di futuro del Pdl…
"Arriverà il momento in cui si dovrà far fuori la sfida della successione… ma non mi sembra che questo sia in agenda. Ne abbiamo parlato fin troppe volte, e tutte le volte con il solo risultato di farci male. Di successione si parla quando c’è qualcuno a cui succedere.

Altrimenti è solo un’esercitazione masochista."

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