Canti d’amore col cuore altrove

Stupori di Pergamo, porcellane di Meissen. Il concerto di canto è una perla di civiltà. Il programma parla tedesco, la lingua del romanticismo. Parla d’amore. Ma con quel ritegno, forse quel complesso, tutto teutonico che sa come alla sua passione fatta di rose e ruscelli manchi il sole. Il problema della mediterraneità negata sarà risolto a modo suo da Wagner con quell'eros sfibrato, vestito di misticismo. Al pubblico scaligero di una sera d'estate vengono proposti tre cicli liederistici. Due di Schumann, Spanisches Liederspiel op. 74 e Spanische Liebeslieder op. 138, entrambi del 1849, e uno di Brahms, Liebeslieder-Walzer op. 52 più tardo di vent'anni. Tutti legati agli stilemi della liederistica tedesca e tutti con il cuore altrove. Per Schumann liriche spagnole tradotte da Emanuel von Geibel, trionfo di hispanidad. Per Brahms motivi popolari slavi tradotti da Georg Friedrich Daumer.
Da una parte la musica che cerca il ritmo esotico, imita la chitarra, tenta gli stacchi del bolero. Dall’altro il Leitmotiv del Wiener-valzer porta dritti a Vienna. Città che per Brahms, che arriva da Amburgo, è già profondo sud. I sogni delle fanciulle, l’elegia che invoca la morte, gli affanni del tradimento, la ballata che chiede al marinaio, al cavaliere e al pastorello chi sia la più bella del reame, la corrente che mugghia contro le pietre, il viavai di uccelli e uccellini che si infilano chissà dove in Schumann gareggiano con la musica. Mentre lo spessore brahmsiano li soverchia. Per tutti interpreti sorprendenti. Ad iniziare dai due pianisti, che si alternano in Schumann e eseguono questo Brahms con quartetto vocale ad libitum a quattro mani. Sono i raffinati Julius Drake e Justus Zeyen. Poi i quattro cantanti variamente impiegati. Per tutti un passato che pesa e una vocalità che non tradisce. Ci commuove Diana Damrau, soprano tedesco dall'aspetto latte e miele in contrasto con la prepotenza espressiva. Era Europa dell’Europa Riconosciuta 2004. Resta il nome della nascita della Scala. Quindi il mezzosoprano svedese Charlotte Hellekant dalla classe ineguagliabile. Il tenore Micheal Schade, celebre mozartiano di fulgida vocalità e senso della scena che salta fuori anche quando sta impalato in proscenio davanti al grancoda. Christopher Maltman, baritono brunito e temperamentoso (la spavalderia di Der Contrabandiste, il contrabbandiere).

I quattro, regolarmente impegnati in teatro, conoscono le leggi della liederistica. Il punto di partenza, la patente di musicalità fatta di prati inzuppati di lacrime e ragazze che sospirano «me ne basterebbe uno solo». Ma davvero?

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