Caos, alfabeto, colori. Ogni libreria ha il suo ordine

La Sontag cambiava sempre disposizione. Ortega y Gasset ricordava tutto

Caos, alfabeto, colori. Ogni libreria ha il suo ordine

Jorge Luis Borges diceva che noi non siamo ciò che scriviamo, ma ciò che leggiamo. E anche senza leggerli, i libri dicono molte cose sui loro proprietari. I titoli che scegliamo di tenere nella nostra libreria e soprattutto come li teniamo - in ordine rigoroso, in un disordine studiato, nel caos più assoluto... - spiegano bene, oltre i gusti, il nostro carattere e la nostra personalità. La disposizione dei libri è qualcosa di personale e di sacro. Ha i propri riti, le proprie regole, le proprie ossessioni. Comunque, mettere in ordine i libri è come riordinare le idee. Per quanto il solo pensiero sia terrorizzante, ogni tanto va fatto.
Su come gli intellettuali dispongano i libri esiste ovviamente un’ampia letteratura e una sterminata aneddotica. Alessandro Baricco ha recentemente raccontato come dieci anni fa si sia trasferito in un’altra città, senza portarsi dietro i libri letti fino a quel momento: e così, oggi, sugli scaffali della sua nuova casa i libri sono divisi non per editore, non per genere, non per nazionalità, ma semplicemente nell’ordine in cui li ha letti. «Solo guardando i dorsi è un po’ come ripercorrere un pezzo di vita», ha detto. E poi si è messo a costruirci sopra una rubrica per La Repubblica sui cinquanta libri più belli letti in questi ultimi dieci anni.
C’è chi suddivide i propri libri per aree tematiche: l’italianistica, la germanistica, l’anglo-americana, la poesia, la storia, la filosofia, l’arte... Chi sceglie l’ordine alfabetico, chi quello per secoli, chi per case editrice (che fa risparmiare spazio ma è molto volgare), chi per altezza dei volumi. In Inghilterra qualche tempo fa andava di moda la disposizione cromatica: uno scaffale per i libri con il dorso rosso, uno per i gialli, uno per i blu...
Susan Sontag era fissata con l’ordine della propria biblioteca: passava parecchio tempo a cambiare posizione ai libri. Non era mai convinta del criterio. Per lei era intollerabile - ad esempio - l’idea che Platone e Pynchon potessero condividere lo stesso scaffale solo perché cominciano con la stessa lettera. Juan Carlos Onetti era così disordinato da perdersi completamente fra i libri disposti a caso sugli scaffali e ammucchiati lungo i corridoi. Mentre Ortega y Gasset aveva un metodo segreto di catalogazione, così perfetto che era in grado di rintracciare qualunque titolo fra i suoi 15mila libri, persino da lontano. Si dice che più volte, dall’estero, gli abbiano dettato al telefono passi di libri di cui lui, andando a memoria, aveva indicato mensola, ripiano e punto preciso in cui si trovavano.
Ognuno segue una tecnica personale, e tutti sono convinti sia la migliore. Luciano Canfora sembra che segua la suddivisione secondo il rigorosissimo metodo «del seminario tedesco»: ogni autore, disposto alfabeticamente, è schedato per titoli, edizioni generali, edizioni parziali, commenti, studi e lessici. Per organizzare in questo modo la libreria serve molta pazienza ma ritrovare un libro diventa facilissimo. Giuseppe Pontiggia, invece, uno dei più grandi bibliofili che l’Italia abbia mai avuto, divideva i libri per aree di pensiero (dalla letteratura italiana alla storia delle religioni..), all’interno della quale collocava gli autori in ordine alfabetico, le cui opere erano a loro volta disposte in ordine cronologico di pubblicazione. Un delirio, ma infallibile.

Di peggio, forse, c’è solo la consuetudine, comune a molti intellettuali, di collocare volumi della stessa area culturale in ambienti domestici ritenuti in qualche modo affini: le letterature in salotto, la filosofia nello studio, i gialli in camera da letto, i classici sui ripiani bassi degli scaffali, la poesia in alto e i fumetti i cantina. All’entrata, in bella mostra, in un apposito mobiletto, i propri libri. Cioè quelli che hanno scritto loro. Vanitas vanitatum.

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