Il capitano ruba la donna all’amico E le corna diventano affare di Stato

DUBBIO Si è comportato male con moglie e collega. Ma non c’entra con le doti in campo

Il capitano ruba la donna all’amico E le corna diventano affare di Stato

C’è sempre uno che interviene fuori tempo. Gerry Sutcliffe ha sbagliato tutto: fa il sottosegretario allo Sport del governo inglese e in un secondo è riuscito a far diventare una storia di corna un caso nazionale, è stato in grado di trasformare una pruriginosa lettura da tabloid leggero in una analisi politica sullo stato della società britannica, un divertente e magari un po’ immorale triangolo lui, l’amico di lui e la moglie dell’amico che è l’amante di lui, in un affare di Stato. «John Terry non deve più giocare in Nazionale, né tantomeno esserne il capitano». Ma come? E perché? Perché Terry per quattro mesi ha avuto una storia con la fidanzata del compagno di nazionale Wayne Bridge. Allora deve pagare, Terry. Deve pagare perché è il simbolo dei fedifraghi e dei pessimi amici, perché è il male, perché è il simbolo di una generazione perduta e incapace di essere affidabile. Gerry Sutcliffe ha esagerato.
Terry è un calciatore, non un sacerdote. Famoso, celebre, miliardario, amato, stimato: è una persona normale protagonista di una banalissima vicenda personale, amorosa, sessuale. Umana. Ha sbagliato, come no. Con la moglie che adesso lo lascia e con l’amico che magari si fidava si lui. Ha sbagliato anche con l’amante che a un certo punto è rimasta incinta e s’è vista offrire ventimila sterline di risarcimento per riprendersi dalle difficoltà fisiche e psicologiche dell’aborto. Ha sbagliato con tutti, Terry. Ma non con la Nazione. Che c’entra l’Inghilterra? Che c’entra la nazionale? Che c’entrano i simboli? Non si può chiedere l’esclusione dai Mondiali solo perché ha tradito la moglie e un compagno di squadra. Un bel chissenefrega no? Cioè viva questa storia pubblicata a puntate dai giornali britannici: pallone, sesso, soldi, politica, tifo. L’Inghilterra se la beve a sorsi: legge i tabloid, scava nei siti internet, ascolta radio e tv. È il grande bordello in diretta: coinvolge il capitano del Chelsea e della Nazionale, un tipo che sembra un ragioniere sfigato e che invece fa la figura del seduttore un po’ bastardo. Coinvolge due donne rifatte e amanti del mondo che la vita con i calciatori ha loro aperto: serate di lusso, milioni, notorietà, apparizioni tv. La moglie di Terry ha deciso di mollarlo, l’amante è ancora fidanzata con l’ex amico del capitano inglese. Finiranno in tribunale, oltre che ancora sui giornali. Finiranno in una montagna di soldi da pagare e in altre pagine da scrivere nel processo: divorzio? Riappacificazione? Per la tangente dentro alla vicenda ci finisce anche Fabio Capello che ha preso tempo: può davvero far fuori Terry dalla Nazionale per una storia così? Attraverso il general manager Franco Baldini farà una serie di incontri, con lo stesso Terry così come con Wayne Bridge e altri senatori della squadra per conoscere l’umore dello spogliatoio. Sì o no al capitano. Sì o no al traditore. «Non c’è urgenza di prendere una decisione. Incontreremo i giocatori il prossimo mese e avremo la possibilità di osservare le dinamiche del gruppo da vicino». La storia però coinvolge anche Roberto Mancini che allena il cornuto Bridge nel Manchester City e domenica ha dato solidarietà al suo giocatore. L’hanno fatto anche alcuni compagni: Carlos Tevez, Nigel de Jong e Stephen Ireland (ma nessun calciatore inglese) hanno indossato una maglietta con scritto «Team Bridge».
Una roba da film. Anzi neanche. Sembra tutto normale, tutto già visto, tutto credibile. Invece siamo di fronte a una follia assurda, a un’invasione della privacy mai vista. Terry non deve spiegazioni se non alla moglie Toni Poole, che ieri è volata con i figli e la madre a Dubai, subito dopo aver detto al marito che il loro matrimonio è finito. Povero John, vigliacco e un po’ infame nella vita privata, ma trattato come un appestato in pubblico. Colpa di quel signore: il sottosegretario allo Sport Gerry Sutcliffe che non conosce il concetto di privacy e conosce benissimo la portata sociale ed economica del calcio. Allora ci è montato su, come uno sciacallo: c’era sangue, lui l’ha fiutato e s’è buttato. Un caso politico per l’amante di un calciatore, ma per piacere. «Il capitano dell’Inghilterra ha precise responsabilità di fronte all’opinione pubblica».

Sì? E quali? E poi chi le decide, un sottosegretario? E chi dice che un calciatore debba essere un esempio? Non Carlo Ancelotti che allena tutti i giorni Terry al Chelsea: «In campo John Terry è un giocatore fantastico, un esempio di professionalità. Non ho mai preso in considerazione di togliergli la fascia di capitano». Almeno c’è uno che non fa il falso moralista.

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