«Un capolavoro per piloti speciali»

Pasini: «Dopo la guerra, l’azienda produttrice finì nelle mani dei russi. E fu la sua rovina»

«Era costruita con tecnologie incredibilmente avanzate: la D-Type sprigionava 6-700 cavalli. Bisogna aspettare le Formula uno degli anni ’80 per veder correre auto con altrettanta potenza». S’illumina Stefano Pasini, forse il massimo esperto di storia della Porsche in Italia, quando parla della vettura di Ferdinand Porsche. «Le aziende tedesche come Auto Union e Mercedes - spiega - lavoravano anche per l’industria bellica. Dunque avevano a disposizione i migliori materiali. I componenti di quell’auto sono un capolavoro di ingegneria, a partire dall’albero motore, assemblato con chiavi speciali, senza le quali era impossibile smontarlo, o le gomme realizzate su misura dalla Continental». E nonostante la modernità di quella tecnologia, per guidare quell’auto ci voleva un pilota dalle capacità speciali. «Basti pensare che a fronte di quella potenza incredibile l’auto aveva pneumatici grandi come quelli di una Bravo». Dopo tante vittorie, rievoca Pasini, a queste vetture spettò una triste fine.

«Mentre la Mercedes rimase all’Ovest, sull’Auto Union misero le mani i russi. Che non andavano tanto per il sottile. Motori così non ne avevano mai visti e alcune auto, per studiarle, furono sezionate in modo non proprio ortodosso: aprendo il motore in due con una sega circolare».

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