di Luigi Mascheroni
«In una scrittrice non bisogna guardare la bellezza». Che, detto da un capolavoro della statuaria africana contemporanea, ircocervo letterario fra una gazzella e Naomi Campbell, suona abbastanza fasullo, come le scenografie e la sceneggiatura di Masterpiece. Vale di più lo stile narrativo o il talent televisivo? Un metro-e-ottanta al netto del tacco, capello fintamente selvaggio, giacca d'arte di Alexander McQueen, sguardo animalier e falcata da pantera, Taiye Selasi una bellezza di trentaquattro splendidi anni e sorriso a trentadue luminosissimi denti - fa tanto fiction. Più lipgloss che pathos. E sotto la stoffa kente, il nulla. Resterà, dopo che avranno smontato luci e scrivania del mega media talent show? O finirà nel magazzino delle rese, sull'isola televisiva degli «eravamo famosi»?
Famosa il tempo di una trasmissione tv che unisce il culto al flop, da novembre a febbraio, andata senza sapere se ci sarà ritorno, la Selasi la Mika di Masterpiece che parla come Bastianich - è come i bestseller di stagione. Oggi tutti li vogliono, domani finiscono nei Remainders. Valgono la metà, ancora incellophanati. Scellophanata dalla Rai per un programma di stagione che punta a rendere più belli i libri (che nessuno legge), Taiye Selasi è la bellezza in quota rosa, politicamente corretta ed emotivamente fragile, della «giuria senza precedenti di scrittori tra i più importanti» (sì, di cosa?). Lui è De Carlo, l'altro è De Cataldo, lei è deliziosa. Autrice del romanzo, finora l'unico, La bellezza delle cose fragili, Einaudi, Stile libero, diventato moda. Ma la classe è un'altra cosa.
Scrittrice che piace agli scrittori che piacciono a là Rushdie, nata a Londra, da padre ghanese, madre nigeriana, laurea cum laude negli Usa, master internazionale a Oxford, marito olandese, casa a Roma, vacanze a Parigi, agente letterario a New York, è la più cosmopolitan dei volti televisivi italiani, con delega alle pari opportunità letterarie. «Voglio fare la scrittrice da quando avevo quattro anni. E fino a trenta non ho mai scritto niente». Poi arrivò la short story giusta col neologismo «afropolitan» giusto, un paio di racconti non-fiction sulla rivista giusta, il giusto battesimo di Granta, et voilà
eccola scintillare nella «lista dei migliori giovani scrittori britannici». Dopo, cioè quest'anno, il romanzo Ghana Must Go. E quindi the show must go on: cioè Masterpiece. L'Italia che legge si è immediatamente infatuata dell'africana che scrive. Sarà la Toni Morrison de noatri?
Una fotogallery ricchissima, cinquemila followers, mise sofisticata, posa understatement e un intero continente dietro di lei, ha davanti a sé una carriera tutto look e celebrities. Il mondo dello spettacolo la farà brillare. Quello delle Lettere ha già finito di leggerla.
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