Cronaca locale

Cappelletti: «Non c’è mercato perchè non c’è più passione»

Ancora fino a domani sono in mostra alla Galleria Cappelletti, in via Brera 4, sei acquerelli e altrettante serigrafie di Antonio Corpora (1909-2004), maestro riconosciuto dell'astrattismo italiano. Personalità curiosa e vivace, partecipa attivamente al clima culturale di Roma e Parigi, dove vive. Una formazione artistica completa, aperta a diversi incontri e tendenze. Un vero artista, o, per dirla con Cappelletti, «uno che ha vissuto di pittura, che non ha seguito mode». Perché questa è l'unica condizione per far parte, come Corpora, del «circolo» di artisti, giovani e meno giovani, di un collezionista che dagli anni Settanta vive a contatto quotidiano con l'arte: «Avevo aperto una galleria di fianco alla Pinacoteca Ambrosiana, prima di trasferirmi a Brera. Qui, ora, ho creato l'associazione culturale "Gabriele Cappelletti", senza scopo di lucro». Cioè un luogo di dibattito, di scambio di opinioni; un centro attivo e aperto al confronto. Una vita passata a scoprire pittori emergenti (come Frangi, Giovanni Cerri, Roos Eelman), e ora l'idea di impegnare quest’altra parte della vita a farli conoscere: «Ho raggiunto l'età della pensione - continua Cappelletti -; ho lasciato anche la mia azienda di macchine industriali per il taglio della carta, perchè voglio dedicarmi completamente al mio spazio in Brera». In un'epoca in cui si vende un Giacometti per 74 milioni di euro, un vero proprio record assoluto, quella di Cappelletti sembra una posizione quantomeno anomala: mantiene la sua galleria, espone continuamente le sue opere, ma non per venderle. Solo per farle vedere. «Io ho sempre fatto ricerca, mai moda. Perché ora c'è il boom degli artisti americani? una corrente, una tendenza. Si dice che i collezionisti acquistino le opere made in Usa perché fa "status simbol". No, io sono lontano da quest'idea». Dunque, una galleria come centro culturale. Cappelletti si è distanziato dal mercato dell'arte contemporanea, e può tracciare un giudizio sereno: «Oggi non c'è più la passione per l'arte - afferma convinto -. Guardiamo via Brera: ormai è una strada di boutique. Sono aumentati gli affitti, la gente se n’è andata, e con lei gli affari». Certo, non sono solo queste le cause della crisi delle gallerie d'arte milanesi. Stessa cosa pe rle fiere: «C'è un mercato generico e ignorante - commenta - La gente si lascia abbagliare dalle cose che appaiono sui giornali». Così lui prosegue per la sua strada: esporre senza vendere, per fare apprezzare lavori di qualità, non legati necessariamente a un’idea di presunta novità. «Vorrei creare, in questo spazio, un cambiamento di mentalità, e spero ci sia un ritorno alla mia idea. Un esempio: cerchiamo di evitare che alla Biennale si vedano solo video o installazioni, come quella del lampadario fatto con i Tampax. Il ministro Bondi ha dato a uno come Sgarbi l'incarico di curare la prossima Biennale: credo che questo aiuterà molto a evitare le brutture che ci tocca sopportare». Info:02-86466120, www.gabrielecapelletti.

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