Cara Michelle Obama, lascia che tua figlia vada su Facebook 

Capisco che una pagina facebook a nome Obama avrebbe tante di quelle richieste di amicizia che non resterebbe tempo a tua figlia per imparare a memoria le capitali dell’Idaho e del Wyoming però i trucchetti per rimanere in rete solo con i propri amici sono alla portata anche di Sasha

Cara Michelle Obama, lascia che tua figlia vada su Facebook 

Cara Michelle, permettimi. Con tutta la stima e il rispetto che nutro per te, non sono d’accordo. Passi per Sasha che ha nove anni ma Malia ne ha quasi tredici: è una “signorina”. Alla sua età i suoi amici sono “tutti” su Facebook. Almeno qui in Italia, che pure di banda larga ne abbiamo pochina ma di telefonini almeno un paio a testa, i preadolescenti amano Internet più della tv e con i loro cellulari sempre più smart possono navigare a spese del wifi casalingo in qualsiasi orario, persino durante le abluzioni serali. Fermarli è impossibile. Educarli forse ancora si. Capisco che una pagina facebook a nome Obama avrebbe tante di quelle richieste di amicizia che non resterebbe tempo a tua figlia per imparare a memoria le capitali dell’Idaho e del Wyoming però i trucchetti per rimanere in rete solo con i propri amici sono alla portata anche di Sasha, visto che è già in grado di chiedere in mandarino al Presidente cinese Hu Jintao di passarle la bottiglia dell’acqua. Anzi se non ti conoscessimo potremmo persino avere il dubbio che preferiresti che lei parlasse di massimi sistemi con potenti vari piuttosto che de Il Mondo di Patty con Mary Ann. Non è vero che facebook fa male anzi fa proprio bene. Non c’è niente di virtuale per i nostri figli nel continuare in chat la lite avuta a scuola, nel postare link per sparlare dei professori, nel mandarsi video contro Justin Bieber, nell’esprimere le proprie emozioni di gioia o sconforto, nel cambiare il proprio stato da “single” a “impegnato”. Mi stupisco. Oggi si parla di social tv, di social bank, di social art, social shopping, social games e tu vorresti che tua figlia fosse fuori dal giro dei suoi compagni di classe o di danza classica? Che non possa avere anche lei, tutelata da un certo anonimato certo, la possibilità di dire quanto sia noioso andare alle cene importanti dove non puoi alzarti da tavola, o prendere in giro daddy? E se qualcuno dovesse scoprire chi è questo padre, pazienza. Barack, tra una crisi egiziana e un accordo indo-pakistano, se ne farà una ragione. Questa è la vita normale.

I ragazzi ormai non ce la fanno vivere disconnessi, senza rete, hanno bisogno di interagire, di avere riscontri, di condividere ogni emozione e passione. Loro sono “nativi digitali” mentre tu ed io, in quella terra fatta di byte, siamo solo immigrate. E' tua figlia che “non ha bisogno” di Facebook, come dici nell'intervista, o sei tu, presa da mille impegni internazionali? Malia ha altro da fare, deve crescere e per costruire il proprio sé ha bisogno anche del suo io collettivo e digitale. E se vuoi starle davvero vicino mentre cresce devi incominciare ad abitare il suo mondo, parlare la sua lingua, imparare i suoi codici. A proposito, gentile Michelle, dove glielo compri un telefonino triband che però non abbia l’applicazione per Facebook, in un negozio di modernariato? L’off limits non regge.

I muri sono caduti e allora più che proibire, tanto vale educare ad un uso consapevole, etico e responsabile del mezzo. Questa si che è una bella battaglia. Nicolas Negroponte, magari lo conosci pure, il cofondatore del Media Lab del Mit di Boston, disse una volta: "I believe that learning comes from passion, not discipline”. E io sono sicura che vivendo nei social network si possa anche imparare non solo a relazionarsi con il prossimo ma anche a condividere i propri interessi con le persone non a noi più prossime ma più affini. Che potrebbero anche essere dall'altra parte del mondo. Chissà se i figli di Ahmadinejad hanno un profilo su Facebook…

*Maila Paone ha scritto un libro sui

nativi digitali: “Aiuto mio figlio deve fare i compiti! – Non mi seccare mamma, sono connesso!” ed è autrice del blog “Mamme al tempo di facebook” dove parla di media education. (www.mammealtempodifacebook.blogspot.com)

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