Cultura e Spettacoli

Da Carlo Mollino a Helmut Newton Quanto erotismo nelle vecchie Polaroid

L'arte della fotografia: il fascino delle istantanee ha catturato molti grandi artisti. Valevano poco o nulla. Oggi sono di culto, conquistano il mercato dei collezionisti ed entrano anche nei musei. Tra i maestri contemporanei c'è anche l'italiano Maurizio Galimberti

Da Carlo Mollino a Helmut Newton 
Quanto erotismo nelle vecchie Polaroid

Nata nel 1937 e diffusa in Europa negli anni ’60 come macchina capace di produrre istantanee, la Pola­roid ha rivoluzionato la fotografia. «Coloro che hanno utilizzato una Polaroid difficilmente possono dimenticare l’odore unico dell’emulsione per sviluppare la foto o il brivido dell’immagine istantanea», scrive lo storico Matthias Harder. Nonostante fosse pesan­te e scomoda, almeno fino al modello pieghevole SX-70 del 1972, anche se le celebri cartucce erano piuttosto care, il fa­scino di tale apparecchiatura coinvolse sia gli amatori cui piaceva l’idea di immortalare la vita in diretta,sia quegli arti­sti che trovarono nel mezzo una nuova estetica. Trattandosi il più delle volte di uno scatto rubato,venne facile la combina­­zione con la sfera dell’erotismo e della sessualità: sguardi indi­screti, voyeurismi insistiti, superamento di tabù e inibizioni.

Tra i primi a scoprire la potenzialità espressiva della Pola­roid fu Carlo Mollino. Architetto torinese bizzarro e inquieto, negli ultimi anni della sua vita si divertì a fotografare bellissime ragazze nude inserendole all’interno di un contesto scenogra­fico e curato, contando sulla disinvolta complicità di queste giovani modelle desiderose di diventare a loro volta oggetti del desiderio.Fino a una ventina d’anni fa questi scatti non aveva­no un gran valore sul mercato e venivano ricercate solo da un tipo molto particolare di collezionismo feticista.

Oggi costano diverse migliaia di euro e, soprattutto, sono entrate nell’olim­po della fotografia d’autore, prova ne sia la crescente attività espositiva intorno a Mollino, ultima la grande mostra alla Kun­sthalle di Vienna aperta fino al 25 settembre. Poiché le Polaroid si usurano facilmente, perdono i colori e patiscono la luce, forse sono più adatte a essere pubblicate che non esposte. La letteratura sul genere è davvero ampia.

È appe­na uscito per Taschen il volume Helmut Newton. Polaroids ( eu­ro 39.99) che raccoglie solo una parte del materiale scattato dal 1965 al 2003, un percorso creativo parallelo del grande autore tedesco di nascita e americano d’adozione, che rinuncia alla posa curata nei dettagli a vantaggio di un realismo «sporco» e rugginoso che, rivisto oggi, dona a quegli scatti un irresistibile effetto vintage. Protagonista assoluto il corpo femminile, sia nelle foto di moda, sia soprattutto in quelle sequenze erotiche che hanno ispirato le generazioni successive. «Newton- ricor­da la moglie June- amava quella macchinetta Polaroid. Gli di­ceva ciò che lui voleva sapere e gli permetteva di correggere ciò che c’era da correggere prima di utilizzare qualsiasi altra mac­china fotografica».

Con l’avvento e la diffusione del digitale il problema dello scarto non esiste più, e ciò che non piace viene immediatamen­te cancellato. Nella Polaroid invece si respirava una sorta di estetica «buona la prima» e, soprattutto, chi l’ha utilizzata in maniera continuativa si faceva prendere da un effetto di buli­mia per cui era impossibile smettere. Mario Schifano alterna­va il lavoro sui dipinti con migliaia di foto che poi ritoccava a mano. Per Andy Warhol, invece, la Polaroid era in qualche mo­do funzionale all’idea di cinema, gli serviva per«provinare»gli attori che venivano ritratti in primo piano su sfondo neutro. A sua volta il guru della Pop Art amava posare, divertendosi con trucchi, vestiti e parrucche (celebre la sequenza firmata da Christopher Makos). Chi invece prima di arrivare alla formaliz­zazione del bianco e nero algido ha sviluppato un lungo percor­so con la Polaroid è stato Robert Mapplethorpe: l’istantanea era il linguaggio ideale per cogliere l’asprezza del mondo tra­sgressivo della New York anni ’70.

Gli ultimi grandi specialisti sono rimasti l’italiano Maurizio Galimberti, che costruisce sequenze a patchwork in cui pae­saggio e ritratto si vanno a formare nell'accostamento di centi­naia di scatti e, soprattutto, il giapponese Araki, maestro della foto hard. È stato lui a firmare il servizio nel backstage di Vogue Giappone con, modella d’eccezione niente affatto inibita, La­dy Gaga. Da quel momento la popstar si è innamorata della vec­chia Polaroid a rischio estinzione,dopo che nel 2008 l’azienda aveva annunciato di cessare la produzione di pellicole istanta­nee.

Oggi è lei il direttore artistico del celebre marchio, le cui innovazioni passeranno attraverso il digitale, le applicazioni per iPhone e un look tutto nuovo.

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