Cesare Lanza è un uomo intelligente e dice cose condivisibili. Non può certo pensare che io abbia risentimento nei suoi confronti. Le ire, come i piaceri, passano; e non avrei fatto riferimento al suo «Ring» se non avessi sperimentato i suoi metodi di autore, divertito a vedere i suoi ospiti scazzottarsi. Figuriamoci uno predisposto e largamente allenato. Ma egli non può fingere di non sapere, come io so con certezza, che se la domenica di Canale 5 è cambiata e se egli non ne è più lautore, è proprio perché leditore non ha condiviso la sua visione, e ha voluto tentare, sostituendo anche la conduttrice, una risposta meno conflittuale con la programmazione di Raiuno nella stessa fascia oraria.
Nonostante le buone intenzioni non si è ancora arrivati ai dibattiti che io auspicavo nellarticolo dellaltro ieri sul Giornale, ma intanto Lanza si sarà accorto che, richiesto di essere presente ogni domenica, ho scelto il ruolo inedito, e sorprendente per il mio carattere, di arbitro. Proprio per evitare il tipo di autore che Lanza ha così ben descritto, lusingandomi con il suo giudizio e sostanzialmente condividendo le belle osservazioni sulle mie rabbie televisive di Michele Serra in un«Amaca» di qualche giorno fa su Repubblica. Io dunque sarei «il re del furore televisivo», e riconosco a lui di essere il teorico del «neorealismo televisivo» sul quale io non esercito giudizi moralistici. Rilevo, per ciò che mi riguarda, che egli parla di un «inatteso» mio insulto e di «imprevedibili mattane», come lui traduce la mia formula, più letteraria, «sorgive liti».
Dunque mi riconosce imprevedibilità; infatti non si conoscono di me soltanto le risse, generate in un ambiente predisposto, ma anche ponderate riflessioni, lezioni, spiegazioni in dibattiti nei quali posso addirittura aspirare a un ruolo arbitrale. Dunque perché ho fatto riferimento al «Ring» di Lanza? Perché quello era il clima che egli intendeva creare, e non è affatto una «ingenua (?) bugia» perché gli incontri-scontri, anche contando sul mio carattere, con la Mussolini e Cecchi Paone, certi dellinevitabile risultato, erano «previsti» da lui, a mia insaputa. In quel tempo, infatti, io non avevo alcuna intenzione di far pace con la Mussolini, e avevo ripetutamente chiesto di non incontrarla né prima, né dopo, né tantomeno nel «Ring». Quanto a Cecchi Paone, con il quale avevo avuto uno scontro da Chiambretti, e altri forzati confronti da Belpietro e da Moncalvo, ricordo perfettamente che mentre ero intervistato da Paola Perego, improvvisamente egli irruppe in diretta non annunciato e non previsto, facendomi il gesto delle corna. E qui le belle considerazioni di Lanza si scontrano con la realtà di cui restano, ovviamente, le registrazioni televisive. E se si possono condividere i suoi argomenti, in astratto, nella «realtà» chiunque può vedere che io ho inveito contro di lui e contro la Perego per la loro scorrettezza, rivelando chiaramente di essere stato ingannato e di non essere stato informato della presenza dei due non desiderati contendenti.
Anche in un vero ring i pugili conoscono i loro avversari. Nel «Ring» di Lanza lantagonista era introdotto senza informare il campione non solo di dialettica, ma anche di rissa. Con risultati prevedibili. Si abbia dunque la mia ricambiata simpatia, Lanza, ma non faccia il furbo: esistono le registrazioni delle trasmissioni che lo inchiodano. E, se ritira linsinuazione sulla mia «ingenua bugia», possiamo rivedercele come due vecchi amici che studiano unepoca della televisione nel tempo dei reality. Altrimenti potrò chiedere di recuperarle negli archivi Mediaset affinché, in una prossima puntata domenicale, tutti possano verificare la mia dichiarata e prevalente ira di allora (oggi amici come prima) verso di lui più che verso la Mussolini e Cecchi Paone.
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